È possibile “maggiorare” gli acconti al fine di aumentare il plafond con cui compensare i crediti da agevolazione fiscale?
Alcuni autori sostengono che non sia possibile irrogare sanzioni nel caso in cui gli acconti vengano maggiorati al fine di non “perdere” i crediti fiscali ex art. 121 del dl 34/2020.
Come noto, infatti, entro il 31 dicembre 2022 devono essere compensati i crediti da agevolazione tramite il modello F24, pena l’inutilizzabilità degli stessi.
In particolare, occorre porre attenzione ai crediti d’imposta derivanti da “cessione del credito” nell’ambito delle detrazioni edilizie. Infatti, ai sensi della normativa introdotta dal c.d. Decreto Rilancio (ex art. 121 comma 3 del DL 34/2020): (i) da un lato il credito d’imposta deve essere compensato nel modello F24 con la stessa ripartizione in quote annuali con la quale sarebbe stata utilizzata la detrazione; (ii) mentre dall’altro la quota di credito d’imposta non utilizzata nell’anno non può essere usufruita negli anni successivi e non può essere richiesta a rimborso.
Il 30 novembre 2022 è stato il termine entro il quale effettuare uno degli ultimi versamenti utili ai fini della compensazione dei menzionati crediti, in quanto tale periodo è quello in cui vengono versate la secondo o unica rata di varie imposte (IRPEF, IRES, IRAP ecc…) e ritenute.
Considerando che, di solito, in tale sede, vengono versati ingenti ammontari, ci si è chiesti come sia possibile maggiorare l’importo dovuto degli acconti in modo da non “perdere” la parte di credito che, in caso contrario, resterebbe inutilizzata, data l’impossibilità di chiederne il rimborso prevista dalla normativa sopracitata.
Ebbene, come noto, vi è più di un modo per determinare gli acconti di imposta:
1) Per un verso, vi è la possibilità di utilizzare il criterio c.d. “storico”, il quale prevede la possibilità di determinare l’imposta dovuta sulla base dell’imposta determinata l’anno precedente, al netto di detrazioni, crediti d’imposta e ritenute;
2) Altra possibilità è data, invece, dal criterio c.d. “previsionale”, in base alla imposta che si suppone di dover versare nell’anno di riferimento, al netto delle ritenute subite, delle detrazioni operate e dei crediti d’imposta spettanti.
Tuttavia, l’articolo 2, comma 4 lett. b) della l. n. 97/1977 stabilisce la non applicazione delle sanzioni se l’acconto versato è almeno il 75% dell’imposta dovuta per l’anno di versamento, al netto delle detrazioni e dei crediti d’imposta e delle ritenute d’acconto.
Emerge conseguentemente che, nel caso in cui gli acconti d’imposta siano maggiori rispetto all’imposta dovuta a saldo, vi è ex lege l’impossibilità di applicare sanzioni. Pertanto, nulla vieta ai contribuenti, in termini di diritto vigente, di maggiorare gli acconti al fine di poter aumentare il plafond di crediti compensabili. Ovviamente, di solito il metodo “previsionale” viene adottato ogni qual volta si presume che vi sia una riduzione della base imponibile rispetto all’anno precedente, ma nulla vieta ai contribuenti di poterlo adottare anche nel caso contrario.
In tal senso, dunque, vi sarebbe la possibilità di “trasformare” un credito d’imposta da agevolazione ex art. 121 del Decreto Rilancio, soggetto ad un limite temporale di utilizzo, in un saldo IRPEF, IRES o IRAP presumibilmente a credito, utilizzabile in compensazione o domandabile a rimborso.
Ovviamente bisogna sempre tenere in considerazione la possibilità, in tal caso, di incorrere in una verifica da parte dell’Agenzia delle Entrate ex art. 10-bis dello Statuto del Contribuente, in quanto tale operazione potrebbe presentare i criteri di elusività previsti dalla normativa.
Come noto infatti tale norma prevede che quando una o più operazioni prive di sostanza economica, pur rispettando le norme tributarie, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti, l’Amministrazione Finanziaria ha il potere di disconoscerne i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.