19/12/2022

Il settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, in particolare fotovoltaico ed eolico, ha avuto nel corso dell’ultimo decennio un enorme sviluppo e molteplici sono state le questioni di carattere tributario che si sono poste per gli operatori; ciò (anche) a causa della mancanza di specifiche disposizioni normative e di una prassi dell’Amministrazione finanziaria non sempre univoca.

Uno dei temi di maggior rilevanza è, indubbiamente, relativo alle corrette modalità di ammortamento applicabili agli impianti solari, con particolare riferimento ai casi in cui si verifica l’estromissione del bene dal complesso produttivo e la permanenza dello stesso all’interno dell’impresa. Ed infatti, è sempre più frequente riscontrare la presenza di contratti che prevedono il diritto dell’impresa “installatrice” di risolvere l’accordo qualora, a causa della sopravvenuta necessità di procedere ad un rifacimento o a un rinnovo dell’impianto solare, si renda necessario procedere allo smantellamento dell’impianto ivi collocato.

Ebbene, la questione oggetto del presente contributo si pone con specifico riferimento proprio a questi casi in cui si renda necessario lo smantellamento dell’impianto fotovoltaico prima che sia terminato il rispettivo processo di ammortamento, in quanto resta dubbio il trattamento civilistico e fiscale delle residue quote di ammortamento.

Supplendo alla mancanza di specifiche indicazioni per tale particolare situazione, potrebbe venire in soccorso la disciplina adottata negli ultimi anni per molte imprese in difficoltà per le quali gli operatori si sono interrogati sulle situazioni nelle quali può, o meglio deve, essere sospeso il processo di ammortamento dei cespiti; ed infatti, il processo di ammortamento deve essere sistematico e non può essere “adattato” a quelle che sono le esigenze contingenti della società, attuando quelle che impropriamente vengono definite “politiche di bilancio”.

 In particolare, sono soltanto tre le situazioni previste dall’OIC 16 nelle quali il processo di ammortamento deve essere interrotto:

  1. quando il cespite è destinato alla vendita (§ 79);
  2. nel caso di cespiti obsoleti o non più utilizzati nel ciclo produttivo (§ 80);
  3. nel caso in cui il valore contabile del bene è pari o inferiore rispetto al valore residuo stimato (§ 62).

Non si può invece interrompere il processo di ammortamento per i cespiti non utilizzati per lungo tempo; anche in questo caso l’ammortamento andrebbe fatto tenendo conto che in questo lasso temporale il bene è pur sempre soggetto ad obsolescenza tecnica ed economica.

Allo stesso modo, anche la sottoutilizzazione dei cespiti, determinata magari dalle difficoltà di mercato, non può determinare un’interruzione del processo di ammortamento; richiederà piuttosto la necessità di valutare se non sussista la necessità di effettuare una svalutazione, atteso il rischio di non poter “recuperare” il valore netto contabile del bene attraverso il suo utilizzo.

 

Pertanto, adottando un approccio “semplificativo” per analogia, sarebbe necessario distinguere i casi in cui (i) le componenti dell’impianto rimangano fisicamente in azienda, ma siano temporaneamente non utilizzabili nel processo produttivo, (ii) dai casi in cui dette componenti siano definitivamente estromesse dallo stesso complesso produttivo.

Nel primo caso i principi contabili non prevedrebbero la possibilità di interrompere il processo di ammortamento e – in difetto di disposizioni di segno contrario ai fini fiscali – le suddette quote di ammortamento risulterebbero allo stesso modo deducibili ai sensi della disciplina ex art. 102 del TUIR, precedentemente descritta (si veda sul punto anche Cass. n. 9252/2019 e n. 10902/2019).

Nel secondo caso, invece, se le “disfunzioni” tecnico-economiche sono tali rendere fattuale l’estromissione del bene dal complesso produttivo, il processo di ammortamento civilistico-contabile dovrebbe essere interrotto.

Tuttavia, nella specifica ipotesi in cui i beni estromessi dal processo produttivo rimangano all’interno dell’impresa stessa, non è detto che possa trovare applicazione il comma 4 dello stesso articolo 102 secondo cui “in caso di eliminazione di beni non ancora completamente ammortizzati dal complesso produttivo, il costo residuo è ammesso in deduzione”, stante, per l’appunto, la permanenza del cespite all’interno dell’impresa.

Pertanto, le quote di ammortamento non ancora contabilizzate risulterebbero non deducibili fiscalmente e la società potrebbe dedurre il costo residuo del bene solo al momento dell’effettiva estromissione del bene dal processo produttivo che deve essere sempre in grado di dimostrare.

Ti può interessare anche: