La Corte costituzionale censura la moratoria della Regione Abruzzo nell’individuazione delle aree idonee
Corte costituzionale, sentenza del 23 febbraio 2023, n. 27
Con la sentenza del 23 febbraio 2023, n. 27, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 16 della legge della Regione Abruzzo n. 1/2022 e dell’art. 19 della legge n. 5/2022 della medesima Regione.
Nello specifico, le norme impugnate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, prevedevano rispettivamente:
(i) la proroga al 30 giugno 2022 del termine entro il quale la Giunta regionale è chiamata a proporre al Consiglio regionale lo strumento di pianificazione relativo alle aree e ai siti inidonei, sospendendo così l’installazione degli impianti da fonti rinnovabili non ancora autorizzati;
(ii) la possibilità per i Comuni di individuare le zone del territorio comunale inidonee all’installazione degli impianti da fonti rinnovabili, al fine di non compromettere o interferire negativamente con la valorizzazione del paesaggio rurale e delle tradizioni agroalimentari locali.
Con riguardo alla proroga di cui all’art. 16 della L.R. n. 1/2022, il Ricorrente censurava la violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 e le relative linee guida, che rilevano quali principi fondamentali della materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia», di cui all’art. 117, terzo comma della Costituzione; infatti, a parere della Presidenza del Consiglio, nel prevedere la proroga della moratoria, che sospende le autorizzazioni per gli impianti fotovoltaici, la disposizione impugnata violerebbe i citati principi, ispirati a esigenze di celerità, di semplificazione e di uniformità sull’intero territorio nazionale, oltre che di massima diffusione dell’energia da fonti rinnovabili. Veniva, inoltre, evidenziato il contrasto con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, a fronte delle incentivazioni europee in materia, e altresì degli artt. 41 e 97 Cost., poiché la moratoria sacrificherebbe sia le scelte imprenditoriali del richiedente che tutti gli interessi coinvolti a garanzia del buon andamento dell’azione amministrativa.
Con riguardo, invece, alla disposizione di cui all’art. 19 della L.R. n. 5/2022, la Presidenza del Consiglio censurava la violazione dell’art. 117, terzo comma della Costituzione relativamente ai principi espressi dall’art. 12 del d.lgs. 387/2003 e del relativo d.m. che non attribuiscono alcuna funzione ai Comuni in tema di ubicazione di impianti di energia rinnovabile. La medesima disposizione, inoltre, veniva impugnata per violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione in quanto il contenuto della norma era stato definito unilateralmente dall’Abruzzo e al di fuori delle coordinate fornite dal quadro normativo delineato dalla normativa statale.
La Corte costituzionale ha accolto le censure della Presidenza del Consiglio ponendosi in linea di continuità con le precedenti pronunce in materia (Cfr. sentenza n. 77/2022).
In particolare, la Corte ha ribadito che l’introduzione di una proroga del termine per l’individuazione delle aree idonee e la conseguente moratoria procedimentale confligge con la previsione di un termine massimo entro il quale concludere il procedimento unico: tale termine ha il duplice obiettivo di tutelare sia gli investimenti e il legittimo affidamento dei privati sia il buon andamento dell’amministrazione. Allo stesso tempo, una simile disposizione si pone in contrasto con i principi di accelerazione e semplificazione che governano la materia e che discendono direttamente dalle direttive europee.
Altrettanto illegittima è stata ritenuta la norma che delega ai Comuni il compito di individuare le aree non idonee all’installazione degli impianti da fonti rinnovabili: il quadro normativo statale, invero, non prevede l’attribuzione a tali enti territoriali di simili compiti che sono di esclusivo appannaggio delle Regioni.
In tema, la Corte ha sottolineato che
“la disciplina statale disvela in maniera cristallina che, fermo restando il possibile coinvolgimento dei comuni nella definizione dell’atto di programmazione, la regione non può per legge demandare a essi un compito che le è stato assegnato dai principi statali al fine di garantire, nell’ambito dei singoli territori regionali, il delicato contemperamento dei vari interessi implicati e il rispetto dei vincoli imposti alle regioni (e analogamente alle province autonome) per il raggiungimento della quota minima di incremento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili.”
Ancora una volta, la Corte costituzionale, nel valorizzare la necessità di una leale collaborazione tra Stato e Regioni nell’ambito del quadro normativo definito a livello statale in materia di produzione di energia, ha garantito l’attuazione efficace dei principi che governano tale materia e che hanno l’obiettivo di traghettare l’Italia verso una sempre maggiore autonomia ed efficienza energetica.