17/05/2023

Con la sentenza n. 2542 del 26 aprile 2023, il TAR Campania ha precisato i limiti del sindacato giurisdizionale sulle determinazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela ambientale, storico-artistica e paesaggistica.

La sentenza in commento è stata emanata nell’ambito di una controversia sorta a seguito dell’impugnazione, da parte di una Società operante nel settore dell’energia, del parere negativo di compatibilità ambientale integrata con la valutazione di incidenza per il progetto relativo alla realizzazione di un impianto eolico di 72,60 MWe e delle relative opere ed infrastrutture. La società ricorrente lamentava l’assenza di un’approfondita istruttoria, non essendo stato considerato che dalla documentazione corredante il progetto presentato si evinceva chiaramente sia la destinazione urbanistica dei suoli interessati, sia la valutazione dell’impatto sulle aree archeologiche limitrofe al sito interessato, sia, infine, la notevole distanza dell’impianto da queste ultime. Il parere impugnato, come precisato più volte dalla giurisprudenza, si caratterizza quale giudizio di ampia discrezionalità, oltre che di tipo tecnico, anche amministrativa, sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’ interesse all’esecuzione dell’opera. Per tale ragione, nel caso di specie, i giudici hanno dovuto preliminarmente soffermarsi sul tipo di sindacato esercitabile. Sul punto, il TAR ha evidenziato che, in generale, il giudizio di compatibilità paesaggistica e storico-artistica è connotato da un’ampia discrezionalità tecnico-valutativa, poiché implica l’applicazione di cognizioni tecniche specialistiche proprie di settori scientifici disciplinari della storia, dell’arte e dell’architettura, caratterizzati da ampi margini di opinabilità. L’apprezzamento compiuto dall’Amministrazione preposta alla relativa tutela è quindi sindacabile, in sede giudiziale, esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto la decisione dell’amministrazione in linea al quadro normativo in materia di aree idonee all’installazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e, inoltre, hanno ritenuto logico e coerente il bilanciamento degli interessi svolto anche alla luce del principio – preminente – di massima diffusione delle fonti rinnovabili. Infatti, come evidenziato anche dal Consiglio di Stato “ferma restando la valenza delle iniziative volte alla produzione e utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili, è indispensabile contemperare la salvaguardia delle esigenze poste dai valori paesaggistici del territorio su cui detti impianti vanno ad inserirsi, in ossequio peraltro ad un più vasto e moderno concetto di governo del territorio volto ad assicurare una tutela delle aree che tenga presente sia dei valori ambientali e paesaggistici, sia delle esigenze di tutela della salute e quindi della vita salubre degli abitanti sia delle esigenze economico-sociali, unitamente al modello di sviluppo che si intende imprimere ai luoghi stessi in considerazione della loro storia, della tradizione e della conformazione morfologica” (Consiglio di Stato, sez. IV, 23/12/2019, n.8717).  Un simile arretramento sembra inusuale alla luce della giurisprudenza più recente che è spesso, al contrario, particolarmente invasiva, ma è coerente con il sindacato estrinseco da esercitare in simili ipotesi. Invero, come precisato dai giudici di prime cure

Il giudizio di valutazione di impatto ambientale è, dunque, connotato da un elevato grado di discrezionalità, che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico. Proprio in ragione di tali particolari profili che lo caratterizzano, il Collegio ritiene di far proprie le considerazioni reiteratamente espresse dal Consiglio di Stato in materia (cfr. Cons. St., sez. IV, 28.2.2018 n. 1240. e Cons. Stato, sez. IV, 27.3.2017 n. 1392), per cui, “prescindendo da specifiche aggettivazioni (debole o forte), la relativa valutazione di legittimità giudiziale, escludendo in maniera assoluta il carattere sostitutivo della stessa, debba essere limitata a evidenziare la sussistenza di vizi rilevabili ictu oculi, a causa della loro abnormità, irragionevolezza, contraddittorietà e superficialità. Invero, il giudizio di compatibilità ambientale, quand’anche reso sulla base di criteri oggettivi di misurazione, pienamente esposti al sindacato del giudice amministrativo, è attraversato, come visto, da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell’apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all’ interesse all’esecuzione dell’opera, con la conseguenza che le scelte effettuate dall’amministrazione si sottraggono al sindacato del giudice amministrativo ogniqualvolta le medesime non si appalesino come manifestamente illogiche o incongrue (in termini, cfr. Cass. civ., sez. un., 17 febbraio 2012, nn. 2312 e 2313; Corte cost., 3 marzo 2011, n. 175; Cons. St., sez. VI, 9 febbraio 2011, n. 871)”.

Insomma, la necessità di aumentare la produzione nazionale di energia per rendere il nostro paese maggiormente autonomo dalle fonti di energia inquinanti non deve portare all’esercizio di sindacati invasivi della sfera discrezionale delle amministrazioni in materie, come quella di specie, in cui il bilanciamento degli interessi in gioco è delicato e quantomai rilevante.

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