16/06/2023

Il credito di imposta a favore delle imprese energivore può essere utilizzato solo in compensazione per versare acconti di imposta, anche eccedenti – in via previsionale – a quanto dovuto con il metodo storico; in nessun caso il predetto credito non speso entro il 30 giugno 2023, dà luogo a rimborso, sia in forma diretta del residuo non utilizzato sia in forma indiretta ossia del versamento degli acconti d’imposta, risultati poi eccedenti rispetto al dovuto né tantomeno il trascinamento in avanti degli stessi.

Questa è la conclusione a cui perviene l’Agenzia delle Entrate con l’interpello n. 8/2023.

L’istante, in qualità di consolidante, aderisce al regime di tassazione del consolidato fiscale nazionale con altre società, una delle quali ha maturato, sul terzo trimestre 2022, un credito d’imposta sulla misura a favore delle imprese energivore che, nell’impossibilità della compensazione, verrà ceduto all’istante stessa la quale ha stimato la possibilità di utilizzare in compensazione il credito ceduto per un determinato ammontare mentre un’altra parte del predetto credito rimarrebbe inutilizzata.
Alla luce di tale previsione finanziaria la società istante e consolidante pone dunque il quesito se sia possibile – in considerazione che il modello dichiarativo consolidato per il 2021 non evidenzia alcun acconto dovuto su base storica per il 2022 – versare anticipatamente su base previsionale la maggiore imposta IRES sfruttando in compensazione il credito d’imposta per imprese energivore ad essa trasferito e rimasto inutilizzato.

L’Agenzia delle Entrate nella risposta fornita in primis ha sintetizzato il quadro di riferimento sulla fruizione del credito d’imposta in oggetto (utilizzo solo in compensazione; nessun limite quantitativo alla compensazione; apposita comunicazione per l’utilizzo dopo il 16 marzo 2023; impossibilità di rimborso diretto ed indiretto ove non utilizzato entro il 30 giugno 2023) e successivamente si è sofferma sul metodo di calcolo degli acconti.

In particolare l’Agenzia, richiamando quanto precisato in diversi documenti di prassi, specifica come il calcolo dell’acconto è effettuato sulla base dell’imposta dovuta per l’anno precedente, al netto di detrazioni, crediti d’imposta e ritenute d’acconto risultanti dalla relativa dichiarazione dei redditi (metodo storico) ma è anche possibile, in caso di ipotesi di un risultato economico inferiore, ricorrere al metodo previsionale e tale scelta

può comportare la riduzione o il non pagamento dell’acconto, ma al contempo, espone il contribuente al rischio di effettuare i versamenti in acconto in misura inferiore rispetto a quanto realmente dovuto e l’eventuale successiva applicazione di sanzioni ed interessi sulla differenza non versata”.

Altresì la stessa Agenzia chiarisce come nella normalità dei casi la determinazione con il metodo previsionale risulta inferiore a quella con il metodo storico ma non vi è alcuna preclusione legislativa al versamento dell’acconto calcolato con il metodo previsionale il cui ammontare ben potrà superare quanto sarebbe dovuto utilizzando il metodo storico.

In buona sostanza l’Amministrazione avalla la soluzione prospettata dal contribuente e dunque la metamorfosi, tramite compensazione, del credito d’imposta in oggetto (ex articolo 6 del D.L. n.115/2022) in maggiori acconti,  ma pone esplicitamente dei limiti che sono propri del credito utilizzato in compensazione, rimarcando nelle note finali come

in nessun caso il versamento dell’acconto, qualora eccedente a quanto effettivamente dovuto, potrà consentire il rimborso della relativa imposta o un effetto trascinamento tale per cui il credito speso per il pagamento venga utilizzato in qualsiasi modo dopo il 30 giugno 2023 (o il 16 marzo 2023 nel caso in cui il contribuente non dia correttamente luogo alla comunicazione richiesta dall’articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 176 del 2022)”.

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