Crediti d’imposta energia e gas maturati nel 2022 e fattura di conguaglio “tardiva” rispetto al termine per comunicarne l’ammontare
Agenzia delle entrate – interpello 18 settembre 2023 n. 429
Con la risposta a interpello del 18 settembre 2023 n. 429, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che nel caso in cui il contribuente riceva una fattura di conguaglio per l’energia elettrica consumata nel terzo trimestre 2022 con indicazione di costi ulteriori, può ancora beneficiare del credito d’imposta che l’art. 6, comma 1, decreto-legge 9 agosto 2022, n. 115 riconosce per quel trimestre, presentando la relativa comunicazione entro il 30 settembre 2023, sebbene sia già scaduto il termine ordinario per adempiervi.
Il contribuente ha rappresentato di non aver potuto inviare nei termini di legge la comunicazione prevista dall’art. 1 comma 6, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176 (c.d. Decreto Aiuti-quater), che impone, a pena di decadenza del beneficio, di informare l’amministrazione del concreto ammontare dei crediti energia e gas maturati nel terzo e quarto trimestre 2022. Nel caso di specie l’inadempimento è dipeso dalla ricezione della fattura di conguaglio in data successiva al 16 marzo 2023.
Rivolgendosi all’Agenzia delle entrate, l’istante ha prospettato due soluzioni operative che potessero far salvo il diritto a beneficiare dell’agevolazione.
L’amministrazione, coerentemente con quanto sostenuto in occasione della risoluzione 19 giugno 2023 n. 27, con la quale ha statuito che l’obbligo informativo del Decreto Aiuti-quater è adempimento di tipo formale, ha riconosciuto validi i crediti sorti in seguito dell’effettivo sostenimento dei costi energetici, ritenendo irrilevante o comunque scusabile il ritardo nell’adempimento dell’obbligo di comunicarne l’ammontare.
È una valutazione che, pur senza una esplicita statuizione, evoca il principio previsto dall’art. 1218 del codice civile.
Così, nei confronti dell’amministrazione finanziaria, il contribuente non è responsabile per il ritardo nella predisposizione della suddetta comunicazione se ciò deriva da una causa a lui non imputabile, di conseguenza non può subire irrimediabilmente la perdita del diritto a beneficiare dell’agevolazione.
Però, secondo l’Agenzia delle entrate, occorre che il costo dell’energia sia riconducibile esattamente al periodo di riferimento, per individuare il quale, a mente del principio di competenza, bisogna individuare quello in cui lo stesso è stato sostenuto, non rilevando invece il momento in cui si realizza l’uscita di cassa. Inoltre occorre che il beneficiario sia nella condizione di provarne l’effettivo sostenimento mediante il possesso delle fatture.
Dunque, l’interpello ribadisce che il mancato invio della comunicazione non può configurarsi come una violazione di tipo sostanziale, ed aggiunge che se il contribuente non vi ha provveduto per una causa a lui non imputabile, quale è la mancata conoscenza di un dato non ancora liquidato allo scadere del termine stabilito per darne comunicazione all’amministrazione finanziaria, non si rende necessario neppure il ricorso alla remissione in bonis.
Si impongono due brevi considerazioni.
In primo luogo una constatazione: anche in questa occasione l’Agenzia delle entrate interpreta la normativa che realizza il sostegno alle imprese contro il caro energia in una prospettiva sostanzialista, dando importanza all’effettivo sostenimento del costo, lievitato per via della crisi energetica, soprassedendo invece sul mancato invio della comunicazione entro il termine stabilito. Il documento sostiene addirittura che nel caso prospettato “la mancata comunicazione non può configurarsi come una violazione, neanche di tipo formale”.
In secondo luogo, tuttavia, la soluzione avanzata, pur venendo incontro alle ragioni dei soggetti colpiti dagli effetti della crisi energetica, tiene fermo il termine ultimo per beneficiare del credito d’imposta relativo ai trimestri terzo e quarto del 2022, vale a dire il 30 settembre 2023. Nella prospettiva dell’amministrazione, non c’è ragione che giustifichi una fruizione del credito successiva a tale data, neanche se il contribuente si sia trovato nella condizione oggettiva di non poter esercitare il suo diritto.
Per il contribuente che subisce gli effetti preclusivi derivanti dall’inosservanza del termine suddetto, non resterebbe che intraprendere la via della tutela risarcitoria nei confronti del fornitore, negligente per aver liquidato il prezzo delle prestazioni oltre i termini in cui il primo poteva esercitare il diritto all’agevolazione.