Distribuzione del gas: rilevanza ai fini IVA nel caso di cessione d’azienda

Agenzia delle Entrate, risp. ad interpello n. 455/2023
20/12/2023

Lo scorso 8 novembre 2023, con la risposta ad interpello n. 455, l’Agenzia delle Entrate ha fornito utili chiarimenti in merito all’attività di distribuzione di gas, affermando, in particolar modo, che, nel caso in cui vi sia il passaggio di una serie di attività da un gestore (c.d. uscente) ad un altro soggetto (c.d. gestore entrante) sulla base del D.Lgs n. 164/2000 (decreto Letta) e relativa disciplina attuativa, tale operazione si configura come cessione d’azienda e di conseguenza non assume rilevanza ai fini IVA.

In buona sostanza, la norma di riferimento[1] riconosce alla società uscente un rimborso a carico del gestore entrante corrisposto a titolo di corrispettivo per il passaggio della titolarità dei beni (rete del gas).

Per meglio comprendere il contenuto del documento di prassi oggetto del presente contributo è d’uopo illustrare, quantomeno a grandi linee, il quesito posto dal contribuente all’Ufficio.

Attraverso l’interpello l’istante chiedeva all’Agenzia di esprimersi in merito all’assoggettabilità all’IVA del suddetto valore di rimborso, determinato applicando il criterio del VIR (Valore Industriale Residuo). A tal proposito col quesito si chiedeva se fosse corretto qualificare il complesso di beni e rapporti de quo alla stregua di un’azienda o ramo di essa piuttosto che come trasferimento di singoli beni.

Ciò premesso, e venendo ora, alla posizione espressa dall’Amministrazione Finanziaria, numerosi documenti di prassi chiariscono che la nozione d’azienda rilevante ai fini fiscali coincide di riflesso con quella prevista dalla disciplina civilistica di cui all’art. 2555 c.c. che qualificando l’istituto come “il complesso dei beni organizzato dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”, da interpetrare, dunque, quale universitas di beni materiali, immateriali e di rapporti giuridico-economici atti a consentire l’esercizio dell’attività d’impresa[2], e non come singoli beni che compongono la stessa azienda[3].

Anche la giurisprudenza di legittimità, a supporto di quanto detto fino ad ora – nell’evidenziare che l’azienda è da intendersi quale complesso di beni organizzati per l’esercizio d’impresa – attribuisce al concetto di organizzazione una connotazione essenziale[4]. In tema di cessione d’azienda, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato, infatti, che si deve trattare di un complesso di beni organicamente finalizzato ex ante all’esercizio dell’attività d’impresa, idoneo a consentire l’inizio o la prosecuzione di una determinata attività.  A tal riguardo, ne consegue che, se non è necessario il trasferimento di tutti gli elementi che normalmente compongono l’azienda, deve tuttavia poter essere rilevato che, nel complesso degli elementi ceduti, permanga un residuo di organizzazione che ne dimostri l’attitudine all’esercizio autonomo dell’impresa sia pure mediante la successiva integrazione da parte del cessionario[5].

Alla luce di tutto quanto sopra, i fattori manifestanti dell’esistenza dell’azienda o del ramo di essa possono identificarsi nella organizzazione, nei beni e nel loro fine, ossia nell’idoneità all’esercizio in maniera autonoma dell’attività d’impresa.

Nel caso preso in esame, il bando di gara emanato dal comune e la bozza del contratto di servizio per lo svolgimento dell’attività di distribuzione del gas naturale, nel rispetto della disciplina di settore, regolano il rapporto tra il Gestore Uscente e il Gestore Entrante.

Ritornando per un attimo alla prassi dell’Ufficio, con la risposta a interpello n. 546 del 2020 si evidenzia che:

Ciò che effettivamente rileva ai fini della applicazione dell’IVA, secondo l’interpretazione della Corte di Giustizia, è, pertanto, la possibile prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del cessionario con un complesso di beni materiali e immateriali che permetta di svolgere un’attività economica autonoma e attuale, e che mantenga la sua identità funzionale anche successivamente al suo trasferimento”.

Nel caso di specie, risultano soddisfatti entrambi i requisiti sopra evidenziati.

L’Agenzia delle Entrate, chiarisce inoltre, che la distribuzione locale del gas si palesa in una tipologia di servizio pubblico reso di fatto in regime di monopolio naturale risultando evidentemente antieconomica una duplicazione delle strutture[6]. E’ risultato quindi ineluttabile un intervento da parte del legislatore avvenuto in primo luogo con il Decreto Letta, che, peraltro, recepisce una direttiva comunitaria volta ad evitare un’interruzione del servizio nella fase di passaggio dal vecchio al nuovo gestore oltre che per sopperire alla situazione di mancata concorrenza che sfocia nell’obbligo di affidamento tramite gara pubblica, con un orizzonte temporale che si traduce in una durata massima di dodici anni decorrenti dalla data di affidamento del servizio (allo scadere dei quali gli impianti e le dotazioni considerati reversibili rientrano nella titolarità dell’ente locale).

In definitiva, l’Amministrazione, sulla base di quanto fino ad ora rilevato, ha ritenuto che il trasferimento descritto dall’Istante non sia rilevante ai fini IVA ai sensi dell’art. 2, comma 3, lettera b), del decreto IVA, avendo detta operazione ad oggetto non il trasferimento del singolo bene, ma di una universalità di beni atti a consentire l’esercizio dell’attività di impresa in capo al gestore entrante[7]. Ne consegue l’automatica inclusione della fattispecie nell’ambito di applicazione dell’imposta di registro in forza del principio di alternatività IVA/registro dettato dall’art. 40, D.P.R. n. 131/1986[8].

A parere di chi scrive, risulta utile sottolineare la sussistenza di un orientamento sostanzialmente univoco sia della prassi che della giurisprudenza sul tema. Si nota che alla luce del contesto normativo di riferimento, interventi di prassi similari non sono nuovi, posto che l’Agenzia delle Entrate si è espressa più volte sul tema.

A conclusione del presente contributo si ritiene opportuno evidenziare che, come visto, anche la giurisprudenza di merito – nel solco di un orientamento ormai consolidato – si è espressa più volte circa la connotazione essenziale del concetto d’azienda.

Si precisa, inoltre, che sulla questione si è espressa anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale ha rilasciato un contributo in merito alla possibile prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del cessionario, attività subordinata all’esistenza di un complesso di beni atto a permettere lo svolgimento di un’attività economica autonoma e attuale[9].

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[1] Art. 15, comma 5, D.Lgs n. 164/2000.

[2] Colombo G.E., L’azienda e il mercato, Cedam, Padova, 1979.

[3] Cfr. tra le tante, Circolare Min. Finanze n. 320del 19 dicembre 1997, Risoluzioni 3 aprile 2006, n. 48/E, 13 dicembre 2007, n. 371/E, 31 ottobre 2008, n. 417//E, 10 aprile 20212, n.33/E, nonché risposte nn. 536 e 637 del 2021.

[4] Cfr. Corte di Cassazione, SS.UU., n. 5087 del 5 marzo 2014.

[5] Così anche Corte di Cassazione n. 1913 del 30 gennaio 2007; Corte di Cassazione, Sez. Tributaria, n. 24913 del 10 ottobre 2008; Corte di Cassazione n. 9575 dell’11 maggio 2016 che ha confermato l’orientamento espresso con la pronuncia n. 21481 del 9 ottobre 2009;)

[6] Per una disamina complessiva delle condizioni che consentono il contemperamento delle esigenze della collettività sulla base delle quali sono erogati i servizi di pubblica utilità con quelle dei gestori privati incaricati tramite un apposito contratto di servizio si v.: Stiglitz J.E., Economia del settore pubblico, Hoepli Editore, Milano, 2003; Mele R., Economia e gestione delle imprese di pubblici servizi tra regolamentazione e mercato, Cedam, Padova, 2003.

[7] Falsitta G., Manuale di diritto tributario – Parte speciale: Il sistema delle imposte in Italia, Cedam, Padova, XIII Edizione, 2021; Salvini L. (a cura di), Diritto tributario delle attività economiche, Giappichelli, Torino, 2019.

[8] Al proposito si v.: Fedele A., Appunti in tema di alternatività Iva-Registro, Rivista di Diritto Tributario, 6/2021.

[9] Cfr. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, causa n. C-479/01 del 27 novembre 2003, punti 40 e 44.

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