24/04/2024

1. In precedenti contributi pubblicati su questo sito (A. La Rosa, Meccanismo di compensazione a due vie e adempimenti IVA; S. Supino, Il meccanismo di “compensazione a due vie” per i produttori di energia rinnovabile: lineamenti e criticità), ci eravamo soffermati sul meccanismo di “compensazione a due vie” sul prezzo dell’energia elettrica prodotta da impianti a fonti rinnovabili e immessa in rete nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2022 ed il 30 giugno 2023, istituito dall’art. 15-bis del D.L. n. 4/2022 (c.d. D.L. Sostegni-Ter) ed attuato con provvedimento ARERA del 21 giugno 2022, n. 266/2022/R/EEL.

Nel porre in risalto le peculiari caratteristiche della misura, avevamo evidenziato come, da un punto di vista strutturale, il sistema di compensazioni bilaterali disciplinato dall’art. 15-bis del D.L. n. 4/2022 potesse, sotto certi aspetti, presentare i tratti caratteristici di una prestazione patrimoniale di natura “tributaria” a carico dei titolari di impianti energetici da fonti rinnovabili, destinata al perseguimento di obiettivi di interesse generale e correlata all’esistenza di uno specifico indice economico (i.e., il supposto “extraprofitto” realizzato dalle imprese operanti nel settore energetico a partire dal 2022).

Una qualificazione nel senso sopra prospettato avrebbe comportato – e comporta all’evidenza tutt’oggi – significativi risvolti sotto il profilo operativo, ponendo, al contempo, seri dubbi di compatibilità ordinamentale del meccanismo di revenue cap istituito dall’art. 15-bis, nel più ampio quadro normativo domestico ed alla luce delle previsioni del Regolamento 2022/1854 del Consiglio dell’Unione Europea del 6 ottobre 2022, con cui si è cercato di offrire una risposta “armonizzata” all’emergenza energetica registrata a partire dal 2022 dagli Stati membri UE.

La questione è d’estrema attualità, a seguito della recente ordinanza n. 355 del 2 febbraio 2024, con cui la Corte di Giustizia tributaria di primo grado di Roma ha affermato la giurisdizione del giudice tributario in controversie promosse dai titolari di impianti energetici da fonti rinnovabili nei confronti del GSE, ai fini dell’applicazione del meccanismo di compensazione a due vie.

L’arresto – da ricondursi nella più ampia vicenda che ha dato luogo, tra l’altro, all’impugnazione anche davanti al giudice amministrativo dei provvedimenti adottati da ARERA e dal GSE in attuazione dell’art. 15-bis – appare tanto più interessante se si considera, tra l’altro, che l’ordinanza che qui si commenta interviene a poca distanza dalla recente pronuncia n. 35282/2023 (su cui si v. L. Salvini, Le SS.UU. della Cassazione si pronunciano: gli oneri di sistema non hanno natura tributaria), con cui le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno escluso la natura tributaria degli oneri generali di sistema: componenti tariffarie, queste ultime, che condividono con il meccanismo di compensazione a due vie tratti di non secondario rilievo e, tra tutti, la specifica destinazione al sovvenzionamento di costi a carico della collettività. Il parallelismo tra le due pronunce appare, dunque, almeno da questo punto di vista, senz’altro doveroso.

2. L’ordinanza della CGT I grado di Roma trae origine dall’impugnazione proposta da una società operante nel settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili avverso le fatture emesse dal GSE in attuazione del disposto dall’art. 15-bis D.L. n. 4/2022.

Sul presupposto della natura tributaria dell’onere in tal modo imposto, la società ricorrente ha dedotto in sede tributaria l’illegittimità della pretesa del GSE sotto distinti profili concernenti:

(i) l’intervenuto annullamento, ad opera del TAR Lombardia, delle delibere adottate da ARERA in attuazione dell’art. 15-bis e costituenti il presupposto fondante delle fatture successivamente emesse dal GSE;

(ii) l’illegittimità costituzionale dell’art. 15-bis, per violazione dell’art. 53 Cost., nonché dell’art. 77 Cost., per difetto dei presupposti della decretazione d’urgenza;

(iii) l’incompatibilità dell’art. 15-bis con il diritto unionale, per violazione dell’art. 3, comma 3 TUE, degli artt. 101 e ss. TFUE, dei principi in tema di concorrenza e libertà di iniziativa economica, nonché dell’art. 6, comma 3, TUE e del principio di tutela del legittimo affidamento e certezza del diritto.

Preso atto, a seguito dell’ordinanza n. 1744/2023 del TAR Lombardia, dell’intervenuta rimessione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea della questione di compatibilità dell’art. 15-bis con la normativa UE di cui al Regolamento 2022/1854 del Consiglio dell’Unione Europea del 6 ottobre 2022, i giudici romani hanno ritenuto necessario soffermarsi sull’eccezione sollevata in via pregiudiziale dal GSE e relativa al difetto di giurisdizione della Corte di giustizia tributaria in favore del giudice amministrativo.

In tale contesto, sulla base degli indici dottrinali e giurisprudenziali che consentono di attribuire natura tributaria ad un determinato prelievo (disciplina di fonte legale; correlazione ad uno specifico indice economico; definitiva decurtazione patrimoniale; assenza di sinallagmaticità tra il prelievo e una controprestazione; destinazione del gettito al sovvenzionamento di pubbliche spese; ecc.), la Corte di Giustizia di primo grado di Roma ha ritenuto che il pagamento degli importi richiesti dal GSE sulla base delle fatture emesse ai sensi dell’art. 15-bis trovasse genesi

“…da un fatto individuato direttamente dalla legge e non da un titolo contrattuale o da una fonte negoziale e, i soggetti interessati sono tenuti a pagare la stessa anche in assenza di un loro consenso La determinazione del prelievo avviene attraverso le dichiarazione, che i produttori devono presentare entro 30 giorni dalla richiesta del GSE, in cui forniscono i dati necessari al GSE per potere applicare il meccanismo compensativo (art. 2) In caso di inadempimento i soggetti passivi soggiacciono all’ irrogazione della sanzioni generale di cui all’art. 2, comma 20, lett. c, L. n. 481 del 1995. All’obbligo di presentare la dichiarazione corrisponde il potere del GSE di emettere la fattura di riscossione, quando sulla base dei dati forniti venga accertato il superamento del limite tabellare individuato dalla norma”.

Fatta questa precisazione, la Corte ha ancora aggiunto:

“La destinazione del gettito riscosso dal (…) in base all’ art. 15-bis, comma 6 citato DL, è devoluta in parte all’entrata del bilancio dello Stato fino a concorrenza dell’importo complessivo di 3.739 milioni di Euro, mentre la parte eccedente di detto importo, sulla base dell’art. 42 del D.L. n. 144 del 2022, è riassegnata ad un apposito fondo da iscriversi nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze per essere destinate, prioritariamente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, alla proroga ed eventuale rimodulazione del credito imposta di cui all’art. 1 citato D.L. in favore delle imprese per l’acquisto di energia elettrica e gas naturale e, in via generale al finanziamento di misure volte a fronteggiare gli incrementi dei costi di energia elettrica e gas. Il dettato normativo non lascia dubiti circa la destinazione del gettito al concorso della spesa pubblica)”.

Data per acquisita la ricorrenza degli elementi tipici di una prestazione tributaria, la CGT I grado di Roma ha, pertanto, concluso che la cognizione di una controversia relativa alla debenza o meno degli importi richiesti dal GSE in applicazione del meccanismo di compensazione a due vie dovesse spettare necessariamente al giudice tributario.

3. V’è da chiedersi se la posizione in tal modo assunta, incentrata sulle finalità e modalità di impiego delle somme incamerate dal GSE in applicazione dell’art. 15-bis, in uno con la radicale assenza di sinallagmaticità tra tale prestazione ed altro genere di attività svolta a favore dei destinatari del prelievo, possa trovare (implicito o esplicito) avallo nella giurisprudenza di vertice; in quest’ottica, un utile supporto interpretativo, come già anticipato, potrebbe essere costituito proprio dai principi espressi dalle SS.UU. della Corte di Cassazione nella sentenza n. 35282/2023, dove elementi come la coattività del prelievo e/o la destinazione degli oneri generali di sistema al perseguimento di interessi della collettività sono stati confinati all’interno di

“logiche ed esigenze settoriali prevalentemente correlate al mercato di riferimento… sia pure d’interesse generale e, quindi, … attratti da un sistema di regolazione tariffaria del mercato della vendita al dettaglio dei servizi dell’energia e del gas soltanto in parte effettivamente liberalizzato”.

Nella pronuncia in esame, in particolare, la Corte di Cassazione ha fatto leva sui molteplici tratti caratterizzanti la disciplina degli oneri generali di sistema, ponendo l’accento sui profili connessi alle modalità di attuazione del prelievo (pagamento spontaneo degli oneri da parte del cliente al venditore; assenza di un meccanismo di rivalsa; ecc.) e sulla destinazione degli oneri “non alla fiscalità generale (salvo che per una minima quota)”, ma all’interno di appositi “conti di gestione” istituiti presso la CSEA, a copertura di costi sostenuti dagli operatori del mercato energetico.

Quest’ultimo elemento – i.e., la confluenza degli oneri di sistema all’interno di un “circuito di filiera”, per il reperimento di risorse destinate ad esigenze proprie del mercato energetico – porterebbe a contrariis a concludere per la natura tributaria di un prelievo, come quello attuato attraverso il meccanismo di compensazione a due vie, avente ad oggetto provviste direttamente acquisite al bilancio statale.

Il tema è, peraltro, di sicuro rilievo, se si considera che, come già anticipato, la Corte di Giustizia dell’UE è stata chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità dell’art. 15-bis con il Regolamento 2022/1854, con particolare riferimento all’irragionevolezza di una misura, come quella prevista a livello domestico, che “non preservi ed incentivi gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili” e “non preveda alcun tetto specifico ai ricavi ottenuti dalla vendita di energia prodotta a partire da carbon fossile, né una disciplina differenziata in relazione alle diverse fonti di produzione”.

In vista di una possibile declaratoria di incompatibilità con il diritto unionale dell’art. 15-bis, occorrerebbe dunque appurare se – come sembrerebbe allo stato dell’arte – la sede naturale per discutere delle eventuali pretese restitutorie avanzate dai destinatari della compensazione “forzosa” disposta dal GSE sia individuabile nelle Corti di Giustizia tributaria.

Come già altrove evidenziato, la natura tributaria del meccanismo di compensazione a due vie spiegherebbe inevitabili riflessi sulle modalità adottate dal GSE per il recupero degli extraprofitti energetici, con conseguente necessità di rettificare le fatture emesse in applicazione dell’art. 15-bis, per mancanza di una sottostante operazione assoggettabile ad IVA.

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