Secondo l’art. 121, comma 1, d.l. n. 34/2020 i soggetti che sostengono gli interventi agevolati indicati dal comma 2 del medesimo articolo possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, in via alternativa di un “contributo”, sotto forma di “sconto in fattura”, ovvero per la cessione di un credito di imposta di pari ammontare ad altri soggetti.
Rinviando ad un precedente contributo di questo sito che illustra più dettagliatamente la disciplina normativa e di attuazione ci si limita qui a ricordare che, nel quadro di reiterati interventi normativi diretti a scongiurare il rischio di frodi, è stato introdotto nel d.l. n. 34 cit. l’art. 122 bis, nel quale è previsto che
“L’Agenzia delle entrate, entro cinque giorni lavorativi dall’invio della comunicazione dell’avvenuta cessione del credito, può sospendere, per un periodo non superiore a trenta giorni, gli effetti delle comunicazioni delle cessioni, anche successive alla prima, e delle opzioni inviate alla stessa Agenzia ai sensi degli articoli 121 e 122 che presentano profili di rischio, ai fini del relativo controllo preventivo.”
Quali sono i profili di rischio (oggettivi e soggettivi) è poi specificato dallo stesso comma.
Il comma 2 delinea il prosieguo del procedimento nei seguenti termini
“Se all’esito del controllo risultano confermati i rischi di cui al comma 1, la comunicazione si considera non effettuata e l’esito del controllo è comunicato al soggetto che ha trasmesso la comunicazione. Se, invece, i rischi non risultano confermati, ovvero decorso il periodo di sospensione degli effetti della comunicazione di cui al comma 1, la comunicazione produce gli effetti previsti dalle disposizioni di riferimento.”
E’ la comunicazione dell’esito del controllo che prende comunemente il nome di “comunicazione di scarto” e che è oggetto di queste considerazioni.
Ed infine, per quanto qui di rilievo, il comma 3 prevede che
“Fermi restando gli ordinari poteri di controllo, l’Amministrazione finanziaria procede in ogni caso al controllo nei termini di legge di tutti i crediti relativi alle cessioni per le quali la comunicazione si considera non avvenuta ai sensi del comma 2.”
Pertanto, la comunicazione di scarto segue alla constatazione dei rischi sull’esistenza e sulla spettanza del credito, ovvero dei presupposti della detrazione[1] ed ha come effetto l’inefficacia dell’opzione. Con la conseguenza che la detrazione, ovvero il credito, resta in capo al soggetto che aveva esercitato l’opzione per la cessione o lo sconto in fattura, il quale resta sottoposto al rischio di non poter usufruire del bonus mediante la detrazione, così perdendo definitivamente il relativo diritto.
Si sono già posti i temi della natura, del contenuto, degli effetti e (quindi) della impugnabilità della comunicazione di scarto, temi sui quali si iniziano a registrare pronunce giurisprudenziali e commenti[2].
Va tuttavia subito precisato che l’indagine non può non prendere le mosse anche dal citato comma 3 dell’art. 122 bis, il quale dispone che allo scarto segue “in ogni caso” il controllo, con gli ordinari mezzi istruttori e negli ordinari termini di decadenza, di “tutti” i crediti scartati. Questa disposizione è di interesse ai nostri fini per un motivo evidente: se effettivamente – come può sembrare a prima vista – ad ogni comunicazione di scarto seguisse un “normale” atto impugnabile che nega l’esistenza del diritto alla detrazione[3], la posizione del relativo titolare potrebbe essere se del caso tutelata attraverso l’impugnazione di tale atto. Ciò potrebbe portare a concludere che lo scarto, di per sé, non è impugnabile senza alcun vulnus al diritto di difesa.
Questa conclusione, e la sua indicata premessa, non mi sembrano condivisibili.
In primo luogo, per quanto la norma usi termini tali da configurare (apparentemente) un obbligo dell’AdE di effettuare il controllo, è evidente che in caso di inottemperanza a tale obbligo il contribuente non avrebbe alcuna posizione soggettiva da far valere a sua tutela (in altri termini, non potrebbe configurarsi un suo “diritto ad essere controllato”). In secondo luogo, anche laddove il controllo fosse effettuato, esso potrebbe portare ad una conferma dell’esistenza del diritto alla detrazione, non essendosi concretizzati i rischi che avevano condotto allo scarto (ed allora al danno derivante dallo scarto seguirebbe la beffa dell’assenza di un provvedimento impugnabile).
Queste considerazioni portano ad avvalorare la tesi secondo cui la comunicazione di scarto presenta di per sé le caratteristiche di un atto lesivo della posizione del contribuente, al quale la legge attribuisce il diritto di esercitare l’opzione di cessione del credito. E ciò senza che possa predicarsi, anche ai fini della tutela giudiziale, l’assorbimento di tale lesione negli effetti di un successivo atto impugnabile.
In proposito, sembra evidente che tale comunicazione ha un definitivo ed autonomo effetto pregiudizievole della posizione del titolare della detrazione, precludendo la circolazione del credito. Tale effetto si verifica in tutti i casi, dal momento che tale circolazione è una essenziale caratteristica della struttura dei bonus fiscali disciplinati dalla norma in esame[4]. Si noti, al riguardo, che la circolabilità del diritto alla detrazione sotto forma di credito spendibile dal cessionario ha in ogni caso dei profili di rilevanza economica, anche come mera fruibilità immediata della detrazione altrimenti fruibile in più periodi di imposta.
Ma anche qualora non si ritenesse che un pregiudizio sussista in ogni caso, certamente esso esiste nel caso in cui la preclusione alla circolazione comporta per il titolare della detrazione l’impossibilità di fruirne per incapienza[5].
Una volta che si sia stabilito che il contribuente ha un concreto interesse a ricorrere, non sembra necessario – stante la pacifica non tassatività dell’elenco degli atti impugnabili recato dall’art. 19 d. lgs. n. 546/1992 – inquadrare la comunicazione di scarto nelle categorie tipizzate normativamente. Non sembrerebbe comunque che essa possa qualificarsi come un diniego di agevolazione, come invece da taluno ritenuto, e ciò per almeno due motivi: in primo luogo, perché la qualifica di agevolazione potrebbe semmai essere attribuita al diritto alla detrazione (la cui insussistenza, come sopra precisato, l’AdE farebbe valere solo successivamente ove disconoscesse con atto di rettifica della dichiarazione del titolare l’assenza del relativo diritto per mancanza dei relativi presupposti), e non alla circolabilità in sé. In secondo luogo, perché sembra fondatamente sostenibile che i bonus in questione abbiano natura di istituti sovvenzionali di spesa pubblica e non di agevolazioni fiscali in senso proprio[6]
Un’ultima questione riguarda la possibilità per il contribuente di esperire dinanzi al giudice tributario un’azione cautelare per la sospensione degli effetti della comunicazione. In linea teorica, non dovrebbe esservi dubbio sull’esistenza dell’interesse del contribuente a ripristinare la circolazione del credito, in base alle considerazioni sopra fatte sul pregiudizio economico derivante dallo scarto.
In linea concreta, stante la natura informatica del procedimento di cessione, non sembra agevole – in assenza di una qualsiasi previsione normativa o nelle disposizioni di attuazione – configurare le modalità di ripristino (eventualmente temporaneo) dell’efficacia dell’opzione esercitata dal contribuente.
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[1] Benché la norma si riferisca solo alla comunicazione della cessione del credito, sulla base delle modalità tecniche di esercizio, essa si intende riferita anche alla comunicazione dell’opzione per lo sconto in fattura (cfr. Circ. n. 16/E del 2021).
[2] RENDA – MORGANO, Bonus edilizi: impugnabilità dell’annullamento dell’opzione per la cessione dei crediti, in Corr. Trib. 2023, 791 e giurisprudenza ivi citata, nonché quella commentata su questo sito.
[3] Nella specie, la rettifica delle dichiarazioni in cui la detrazione è stata effettuata.
[4] FASOLA, La circolazione dei crediti di imposta per interventi edilizi: un’analisi giuridica, in Crediti d’imposta e bonus, a cura di RAGUCCI, Torino 2024.
[5] Nonché nei casi di sconto in fattura evidenziati da RENDA – MORGANO, op. loc. cit.
[6] CANE’, Argomenti per una distinzione dei crediti “sovvenzionali” dai crediti di imposta. Conseguenze teoriche e applicative, in Crediti di imposta e bonus, cit.