26/11/2024

Con la sentenza n. 19472 del 15 luglio 2024, la Cassazione ha dichiarato che, ai fini della spettanza della detrazione Irpef del 36% di cui all’art. 1 della legge 449/1997 (c.d. “bonus casa”), è sufficiente che all’interno di un edificio, composto da una pluralità di unità immobiliari, sussistano delle “parti comuni”, non risultando, per contro, indispensabile che lo stesso sia costituito nella forma del condominio.

La vicenda trae origine dalla notifica da parte dell’Agenzia delle Entrate ad un contribuente persona fisica di due cartelle di pagamento con cui l’Ufficio, a seguito del disconoscimento della detrazione della quota del 36% delle spese di manutenzione ordinaria delle parti comuni di un fabbricato, come disciplinata dall’art. 1 della predetta legge n. 449 del 1997, dopo aver rettificato i dati indicati nelle dichiarazioni dei redditi dal contribuente, procedeva al recupero della maggiore Irpef dovuta per le annualità 2011 e 2012.

Più nel dettaglio, il contribuente aveva portato in detrazione le spese riferite ad interventi di manutenzione ordinaria eseguiti sulle parti comuni di un immobile costituito da due distinte unità immobiliari, autonomamente classate e con diverso numero civico, con in comune il tetto, di proprietà indivisa dello stesso contribuente e di sua moglie, nella misura, rispettivamente, del 75% e del 25%.

Sulla base della ricostruzione operata dall’Agenzia, al contribuente non spettava la possibilità di accedere alla detrazione e ciò nel presupposto secondo cui il predetto art. 1 della legge n. 449 del 1997 andava interpretato nel senso di poter riconoscere l’agevolazione fiscale soltanto in caso di interventi di manutenzione effettuati su edifici in condominio, per via dell’espresso richiamo presente all’interno del menzionato art. 1 all’art. 1117 c.c. norma pacificamente contenuta all’interno del capo II del Titolo VII del codice civile dedicato al condominio.

Il contribuente impugnava le cartelle di pagamento a lui notificate innanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Reggio Emilia (già  Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia) e questa, previa riunione dei due ricorsi proposti, li accoglieva, ritenendo che l’agevolazione competeva non solo nell’ipotesi di spese sostenute per la manutenzione di un edificio condominiale, ma anche in relazione alle parti comuni di un edificio residenziale composto da due o più unità immobiliari, circostanza che ricorreva nel caso di specie. Avverso tale decisione proponeva impugnazione l’Agenzia sul presupposto che l’agevolazione spettasse esclusivamente con riferimento alle parti comuni di un edificio costituito in condominio e tale tesi interpretativa veniva condivisa dal giudice di seconde cure che, pertanto, accoglieva il gravame interposto.

Da ultimo, ricorreva in Cassazione il contribuente, lamentando la violazione di legge del disposto di cui al predetto art. 1 della legge n. 449 del 1997 vigente ratione temporis, infatti secondo il contribuente detta norma andava interpretata nel senso che l’espressione “sulle parti comuni di edificio residenziale di cui all’articolo 1117, n. 1), del codice civile” vale per individuare gli interventi edilizi ammessi alla detrazione, mentre l’agevolazione può essere riconosciuta in relazione agli indicati lavori quando effettuati su parti comuni di un edificio residenziale, a prescindere dal fatto che detto edificio sia costituito o meno nella forma del condominio.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 19472 del 15 luglio 2024, ha confermato la bontà della ricostruzione della norma operata dal contribuente, e ha stabilito che

in applicazione delle regole dell’interpretazione logico sistematica, peraltro, appare corretto ritenere che mediante il richiamo operato, si osservi, non ad una norma codicistica bensì ad una sua specifica frazione, la quale contiene soltanto la descrizione di parti dell’edificio, il legislatore abbia inteso individuare quali opere siano ammesse al beneficio fiscale, e non abbia inteso disporre una limitazione dei lavori suscettibili di agevolazione in considerazione della sola collocazione topografica della disposizione richiamata all’interno del codice civile”.

Pertanto, la Suprema Corte, nel chiarire la portata del richiamo operato dall’art. 1 della l. 449/1997 all’art. 1117 c.c., ha espresso  il seguente principio

«[…] La disposizione agevolativa si applica in riferimento alle opere di manutenzione eseguite sui beni descritti all’art. 1117, comma 1, n. 1, cod. civ., pertanto “tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, come il suolo su cui sorge l’edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate” (evidenza aggiunta), purché siano eseguite, come scrive il legislatore, “sulle parti comuni di un edificio residenziale” (art. 1, comma 1, della legge n. 449 del 1997)».

L’art. 1117 c.c. è richiamato dal legislatore anche all’interno dell’art. 16-bis TUIR – che disciplina il regime delle detrazioni delle spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici – con una formulazione del tutto analoga a quella prevista dall’art. 1 della l. n. 449 del 1997, sicché, a seguito della pronuncia della Cassazione, è possibile ritenere che la detrazione Irpef di cui all’art. 16-bis TUIR nella parte in cui richiama l’art. 1117 c.c., in modo sovrapponibile a quanto effettuato all’art. 1 della l. 449/97, possa essere riconosciuta per le spese di manutenzione ordinaria sostenute per gli interventi di cui all’art. 1117 c.c. eseguiti “sulle parti comuni di un edificio residenziale” ancorché non costituito in condominio.

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