Il Consiglio di Stato in merito al fotovoltaico “su portico”
Consiglio di Stato, Sez. VII, Sentenza n. 8113 del 2024
Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza n. 8113/2024, si è pronunciato sul tema del cosiddetto “fotovoltaico su portico”.
Questa sentenza, sebbene tocchi anche temi di diritto urbanistico e dell’edilizia, riveste una importanza fondamentale anche in materia di energia: come noto, infatti, il fotovoltaico su portico rappresenta una realtà molto presente nel Paese, e la sua diffusione è funzionale a garantire un sempre maggiore ricorso a fonti di energia rinnovabili e sostenibili.
La vicenda prendeva origine dall’Ordinanza emessa da un Comune del bresciano, che aveva contestato al gestore di una attività di ristorazione una serie di abusi edilizi, con ingiunzione di rimozione e di immediato ripristino dei luoghi, fra i quali figurava anche la realizzazione di un nuovo portico, che la ricorrente affermava avrebbe avuto la funzione di sostenere un impianto fotovoltaico.
La ricorrente aveva impugnato il provvedimento sostenendo che proprio tale portico, vista la sua funzione, sarebbe dovuto rientrare nella attività di “edilizia libera”, ai sensi del dl 17/2022, che, come noto, si pone la finalità di incentivare l’installazione di impianti fotovoltaici su edifici esistenti, riconducendo tali interventi alle attività di manutenzione ordinaria, e sottraendoli pertanto dalla necessità di atti amministrativi di assenso.
Il TAR, tuttavia, aveva respinto queste argomentazioni, qualificando tutte le opere contestate come “nuove costruzioni” per via dell’incremento volumetrico e delle modifiche alla sagoma dell’edificio esistente.
Secondo il Tribunale, pertanto, tali interventi necessitavano di permesso di costruire e autorizzazione paesaggistica, confermandosi così la legittimità dell’ordine di rimozione e ripristino dei luoghi.
Il Consiglio di Stato, con la pronuncia in commento, ha confermato la statuizione del Giudice di prime cure.
Con specifico riferimento alla disciplina del fotovoltaico, la sentenza ha chiarito che il dl 17/2022 non esenta automaticamente dal rispetto delle norme edilizie e paesaggistiche qualora le strutture creino nuovi volumi e alterino la sagoma degli edifici.
In particolare, secondo il Consiglio di Stato, nel caso di specie la funzione di sostegno a un impianto fotovoltaico non sarebbe altro che un effetto indiretto e accessorio della struttura, avendo questa prodotto, come effetto primario, un ampliamento del volume e della superficie del locale. Il portico, quindi, si atteggerebbe come una “nuova costruzione”, che di per sé necessita il rilascio del permesso di costruire: tale circostanza lo esclude categoricamente dall’ambito di applicazione del dl 17/2022.
In altre parole, secondo il Consiglio di Stato le semplificazioni previste dall’articolo 9 del suddetto decreto consentono di bypassare quanto previsto dalla normativa edilizia solo se
“l’interessato dimostri di non avere possibilità alternative, cioè tecnicamente equivalenti, di installazione in altri luoghi. E comunque, a condizione che, da quest’ultima, egli non ottenga indebiti incrementi di volumetrie e superfici utilizzabili per altri scopi, che non siano strettamente connessi ad esigenze tecniche perché, in quest’ultimo caso, è evidente che l’intervento comunque richiede la necessità del titolo edilizio maggiore, ossia il permesso di costruire”.
La posizione assunta nella sentenza in commento, seppur coerente dal punto di vista normativo, solleva dubbi sull’effettiva praticabilità della transizione energetica in contesti vincolati.
Imporre criteri rigidi, come la “dimostrazione dell’assenza di alternative”, rischia infatti di limitare lo sviluppo del fotovoltaico nelle aree urbane e vincolate.
Quanto appena esposto evidenzia la necessità di una normativa che bilanci più efficacemente tutela paesaggistica e diffusione delle energie rinnovabili, offrendo maggiore chiarezza e flessibilità per incentivare concretamente la sostenibilità energetica.