Il Consiglio di Stato sul DM “aree idonee”
Consiglio di Stato, Sez. IV, Ordinanza n. 4928/2024
Con la recente Ordinanza n. 4928/2024, il Consiglio di Stato ha parzialmente sospeso il c.d. Decreto aree idonee (DM 21 giugno 2024, adottato in attuazione delle previsioni di cui al d.lgs. 199 del 2021), nella parte in cui alle Regioni è data la semplice “facoltà”, e non l’obbligo, di considerare idonee le aree già considerate tali dall’art. 20 comma 8 del d. lgs. 199/2021 e che all’art. 7 comma 3 sono già considerate come non idonee.
In particolare, l’articolo 20 del decreto legislativo introduce criteri uniformi per identificare le superfici e le aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili, e prevede che attraverso decreti ministeriali si definiscano le modalità per minimizzare l’impatto ambientale e paesaggistico, privilegiando superfici già edificate o aree industriali dismesse, compromesse o marginali.
Il medesimo decreto prevede, inoltre, che entro 180 giorni dall’entrata in vigore dei decreti ministeriali, le Regioni debbano individuare con legge le aree idonee.
La vicenda prende le mosse da un ricorso presentato al TAR Lazio, Roma, da una società operante nel settore delle rinnovabili, con l’intervento ad adiuvandum di Elettricità Futura, volto all’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, degli articoli 1, 3 e 7 del Decreto.
La Società, nello specifico, è titolare di parchi eolici in diverse Regioni italiane, rispetto ai quali voleva svolgere un’attività di ripotenziamento e di sostituzione di macchinari.
La Ricorrente contestava:
- La violazione dell’articolo 20 del d.lgs. 199/2021, in conseguenza della previsione nel DM della possibilità per le Regioni di individuare autonomamente, accanto alle aree idonee e a quelle ordinarie, anche quelle non idonee;
- l’attribuzione di una facoltà, e non di un obbligo, in capo alle Regioni di considerare come idonee le aree già individuate come tali dall’articolo 20, comma 8, del d.lgs. 199/2021;
- l’automatica classificazione come non idonee, nel DM impugnato, delle aree ricomprese nel perimetro delle bellezze naturali di cui al dl 42/2004;
- l’assoluta genericità dei principi e dei criteri contenuti nel DM, che sarebbero meramente riproduttivi della norma di legge.
La Società riteneva che tali asseriti vizi avrebbero di fatto impedito il programmato ripotenziamento dei propri impianti.
L’istanza cautelare veniva giustificata con la possibilità che dalle disposizioni impugnate potesse potenzialmente derivare una modifica peggiorativa del regime di individuazione delle aree idonee sulla base del quale la ricorrente aveva avviato le proprie iniziative economiche e aveva quindi investito ingenti somme di denaro.
Il TAR Lazio, Roma, con l’Ordinanza 4082 del 7 settembre scorso ha respinto l’istanza cautelare, ritenendo insussistente il requisito del periculum in mora, in quanto
“il pregiudizio lamentato potrebbe soltanto conseguire all’esercizio della potestà legislativa regionale, che non risulta vincolata dai provvedimenti impugnati ad esprimersi in termini deteriori”.
Avverso tale diniego, la Società ricorrente – ribadendo le medesime doglianze fatte valere in primo grado – ha proposto appello al Consiglio di Stato.
In particolare, nel corso del giudizio di secondo grado, la ricorrente ha posto l’accento su una novità nelle more intervenuta: un disegno di legge in corso di approvazione in Sardegna, che riteneva assolutamente ostativo al suo progetto.
Il Supremo consesso amministrativo si è pronunciato per la prima volta il 17 ottobre scorso, con l’Ordinanza n. 3867/2024, accogliendo l’appello al solo fine di anticipare la fissazione dell’udienza di merito da parte del TAR. La decisione veniva motivata sostenendo che, sia sotto il profilo del fumus boni iuris sia sotto quello del periculum in mora, la tutela cautelare potesse essere garantita al meglio attraverso una più celere trattazione nel merito.
Nel frattempo, tuttavia, la Regione Sardegna ha approvato il proprio disegno di legge regionale attuativo del DM aree idonee: pertanto, ritenendo ciò una sopravvenienza rilevante ai sensi dell’articolo 58 del c.p.a., la Società depositava istanza di revoca o modifica della precedente pronuncia del Consiglio di Stato.
Infine, proprio con l’Ordinanza in commento, il Supremo consesso amministrativo ha accolto l’istanza della Società, e di conseguenza ha modificato la propria precedente statuizione, sospendendo in via cautelare e fino alla pubblicazione della sentenza di merito del Giudice di primo grado, le previsioni del solo articolo 7, comma 2, lettera c), del DM impugnato.
Nella sostanza, il Giudice d’appello ha ritenuto che garantire alle Regioni una mera facoltà, e non un obbligo, di fare salve le aree individuate come idonee dall’articolo 20 del d.lgs. del 2019 attribuisca loro un potere eccessivo, produca una situazione di incertezza e si ponga pertanto in contrasto con le previsioni del suddetto decreto legislativo.
Infine, il Supremo consesso amministrativo ha statuito che
“in mancanza della tutela cautelare, una decisione di merito potrebbe intervenire in un momento in cui i progetti di interesse della parte appellante potrebbero essere non più realizzabili per effetto della legge regionale sopravvenuta, con lesione del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale”.
Alla luce di quanto appena esposto, è quindi forte l’attesa per l’udienza pubblica dinanzi al TAR, fissata per il prossimo 5 febbraio.
L’ordinanza in commento segna un passaggio importante – sebbene provvisorio – nel complesso equilibrio tra la promozione delle energie rinnovabili e la tutela del territorio, evidenziando alcune rilevanti criticità del “DM aree idonee”. La sospensione cautelare della facoltà discrezionale riconosciuta alle Regioni sottolinea l’esigenza di garantire uniformità normativa e certezza giuridica, indispensabili per assicurare lo sviluppo di progetti strategici in linea con gli obiettivi di transizione energetica. L’imminente decisione del TAR, fissata per il 5 febbraio, assume dunque un ruolo determinante per chiarire il quadro normativo, evitando che ritardi procedurali compromettano gli investimenti in corso e l’effettività della tutela giurisdizionale.