Il consiglio di stato sulla perentorietà dei termini per l’esame delle domande di via
Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza n. 9737 del 4 dicembre 2024
Con la sentenza n. 9737 dello scorso 4 dicembre, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato si è espresso in merito all’interpretazione dell’articolo 8 del D.lgs. 152/2006 (“Codice dell’ambiente”) che, nella versione ratione temporis applicabile, stabiliva un criterio di precedenza nella valutazione dei progetti aventi un rilevante impatto economico, occupazionale o aventi autorizzazioni in scadenza, nonché un criterio di priorità con riferimento ai progetti attuativi del PNIEC aventi “maggiore valore di potenza” installata o trasportata.
La sentenza prende le mosse da una istanza di valutazione di impatto ambientale (VIA) presentata al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ai sensi dell’articolo 23 del D.lgs. n. 152/2006 da una Società operante nel settore energetico, e relativa alla realizzazione di un impianto agrivoltaico nel brindisino.
A seguito del silenzio serbato dall’Amministrazione, la Società proponeva ricorso al TAR Puglia, Lecce, che riconosceva l’illegittimità del silenzio e condannava il MASE, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, del c.p.a., a provvedere all’istanza entro 60 giorni dalla notifica della Sentenza.
In primo grado, il Tribunale aveva ritenuto inidonee a escludere la responsabilità del Ministero dell’Ambiente le circostanze dallo stesso addotte in sede di difesa, ovvero la presenza di un enorme numero di progetti da vagliare, con conseguente necessità per l’Amministrazione di esaminare in via prioritaria le istanze riguardanti progetti con maggiore valore di potenza installata o trasportata, alla luce di quanto previsto dall’art. 8, comma 1, D. Lgs. n. 152/2006.
Secondo il Tribunale, infatti,
“un’ipotetica adesione alla ricostruzione ermeneutica offerta da parte resistente implicherebbe la sostanziale interpretatio abrogans delle previsioni normative afferenti ai termini procedimentali per l’adozione del provvedimento di VIA di cui si discute, con conseguente elusione dei medesimi termini, espressamente qualificati come perentori dallo stesso Legislatore ai sensi dell’art. 25, comma 7, D. Lgs. n. 152/2006”.
Avverso tale pronuncia ricorrevano al Consiglio di Stato il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e il Ministero della Cultura, lamentando:
- un’errata interpretazione dell’articolo 8, comma 1, del Codice dell’ambiente, in quanto il criterio di priorità introdotto dal dl 17/2022 avrebbe priorità sui termini di cui all’articolo 25, comma 7 del Codice dell’ambiente, in quanto norma successiva e speciale;
- un rischio concreto di non rispettare gli impegni assunti a livello europeo, in quanto il ritardo nella valutazione dei progetti “prioritari” avrebbe potuto compromettere gli obiettivi del PNIEC e del PNRR;
Inoltre, secondo gli appellanti, la tesi del TAR Puglia, Lecce, avrebbe comportato il riconoscimento implicito di un legittimo affidamento delle imprese energetiche in ordine alla conclusione dei procedimenti di VIA in 130 giorni, che imporrebbe l’adozione di un ordine di trattazione in contrasto con i criteri previsti dal legislatore all’art. 8, comma 1, del D.lgs. 152/2006, e si risolverebbe nell’esposizione dello Stato al rischio di innumerevoli azioni di responsabilità.
Nelle more del giudizio di appello interveniva il provvedimento di VIA favorevole, di cui la Società ricorrente prendeva atto, pur insistendo nella richiesta di accertamento dell’illegittimità del silenzio, a fini strettamente risarcitori.
Il Consiglio di Stato ha rigettato in toto l’appello, e ha confermato quanto statuito in primo grado.
In particolare, il Supremo Consesso Amministrativo ha ribadito che
“l’introduzione del […] criterio di priorità nella trattazione delle istanze non solo non è supportato da nessuna deroga espressa alla perentorietà dei termini di conclusione dei relativi procedimenti che, pertanto, devono ritenersi certamente applicabili, ma non risulta neanche incompatibile con tale disciplina”.
Oltretutto, il criterio di prevalenza contenuto nell’articolo 8 sarebbe caratterizzato da una forte genericità, e pertanto sarebbe inidoneo a sostenere la tesi del Ministero.
Infine, il Consiglio di Stato ha riconosciuto che “il Ministero avrebbe dovuto adottare, a legislazione vigente, delle misure organizzative tali da consentire l’esame dei progetti prioritari, fermo restando il rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti relativi ai progetti non prioritari in quanto non derogati da alcuna disposizione di legge”, in quanto il criterio di priorità ha una mera rilevanza organizzativa interna, non tale da derogare alla disciplina legale del termine di conclusione del procedimento.
La sentenza n. 9737 del Consiglio di Stato rappresenta un importante punto di chiarimento nell’ambito delle procedure amministrative legate alle valutazioni ambientali, evidenziando il delicato equilibrio tra esigenze organizzative interne e il rispetto delle garanzie procedimentali. La decisione ribadisce il carattere perentorio dei termini fissati dal legislatore, anche di fronte a criteri di priorità che, pur rilevanti sotto il profilo organizzativo, non possono tradursi in una sostanziale deroga al quadro normativo. Tuttavia, il caso solleva interrogativi critici sull’effettiva capacità delle Pubbliche Amministrazioni di fronteggiare il crescente volume di istanze legate alla transizione ecologica, lasciando intravedere la necessità di riforme strutturali per evitare il rischio di ritardi sistemici e contenziosi potenzialmente onerosi per lo Stato.