In tema di crediti da c.d. Superbonus, l’esercizio dell’opzione dello sconto in fattura come alternativa alla detrazione fiscale diretta o alla cessione del credito (ex art. 121, comma 1, lettera b, del D.L. n. 34 del 2020), in difetto dei presupposti costitutivi, costituisce il momento consumativo del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640 bis c.p..
Così si sono espressi i giudici della Suprema Corte di cassazione nella sentenza n. 45868 del 2024, nella quale è stato affermato che per ritenere consumato il reato di truffa aggravata ex art. 640 bis c.p. non è necessario che il credito fittizio creato in assenza dei presupposti costitutivi venga utilizzato in compensazione, ma è sufficiente di per sé l’esercizio della opzione per la cessione a terzi di un credito d’imposta di ammontare pari a quello della suddetta detrazione.
Lo svolgimento dei fatti traeva origine dalla vicenda in cui il ricorrente veniva accusato di aver posto in essere una serie di condotte truffaldine, e in particolare di aver finto il compimento delle opere e dei lavori per fruire del diritto alla detrazione da c.d. Superbonus. Successivamente il ricorrente, avvalendosi dell’opzione di cui alla lettera b), comma 1, dell’articolo 121 del D.L. n. 34 del 2020, cedeva il proprio credito a due soggetti, uno dei quali, ipotizzandone il carattere fittizio, li rifiutava. Di conseguenza, una parte di tali crediti fittizi rimaneva all’interno del cassetto fiscale del beneficiario originario.
La questione posta all’attenzione degli Ermellini, pertanto, riguardava la possibilità di considerare consumato il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche con il solo esercizio dell’opzione prevista dalla legge oppure al verificarsi di un ulteriore elemento fattuale, come invocato dalla ricorrente, consistente nel concreto utilizzo della detrazione in compensazione nella propria dichiarazione dei redditi.
La Suprema Corte, attraverso una lettura basata su un’analisi in concreto dei fatti, ha preso posizione per la prima tesi.
In primo luogo, secondo la Cassazione, il momento consumativo della truffa c.d. contrattuale va individuato non “in via preventiva e astratta”, ma con riferimento al singolo caso e alle sue concrete modalità di azione,
L’art. 640 bis c.p. infatti è una circostanza aggravante della generale fattispecie di cui all’art. 640 c.p. (reato di truffa), la quale punisce chiunque con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno.
Dunque, nel caso in cui un soggetto con artifizi o raggiri (chiaramente integrati da una totale mancanza dei lavori) crei il diritto di usufruire della detrazione del 110% (l’ingiusto profitto con altrui danno), la consumazione della particolare fattispecie prevista dal 640 bis c.p. avviene con l’esercizio della opzione di cui alla lettera b), comma 1, articolo 121/2020 D.L. n. 34 (la quale come noto prevede che, in luogo dell’uso diretto della detrazione fiscale, il beneficiario possa optare per lo sconto in fattura), poiché è esattamente in questo momento che si attualizza la lesione al bene protetto dalla norma incriminatrice (il buon andamento e l’imparzialità della P.A.) e che la condotta truffaldina consegue la propria idoneità decettiva.
Con l’esercizio dell’opzione l’agente crea un credito nei confronti dello Stato del tutto inesistente – in quanto generato in assenza di qualsiasi fonte giustificativa dell’obbligazione – e che è naturalmente destinato ad essere
“prontamente utilizzato dai terzi cessionari in compensazione, gli effetti della quale sono di assai incerta neutralizzabilità, in particolare, nel caso in cui tale utilizzo sia fatto da cessionari in buona fede”.
Secondo i giudici della Suprema Corte, infine, l’evento dannoso del reato si atteggia non come mero danno da oggettiva riduzione del patrimonio pubblico ma come danno da
“sviamento dei fondi pubblici rispetto alla loro corretta destinazione”.
Per tali motivi, si deve ritenere che già con la creazione del credito fittizio mediante l’esercizio dell’opzione l’agente consegua il profitto ingiusto con correlativo danno per lo Stato. L’utilizzo della compensazione da parte del beneficiario pertanto non rappresenta il momento consumativo, ma una modalità particolare dell’atteggiarsi del reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, già perfetto e realizzato in tutti i suoi elementi con il semplice esercizio della opzione prevista dalla legge.