07/02/2025

Una primaria società operante nel settore del trading dei prodotti energetici nei mercati internazionali, assistita dal nostro studio, ha ottenuto dalla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma una nuova rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità del Contributo straordinario contro il caro bollette, introdotto dall’art. 37, d.l. n. 21/2022.

Come noto, infatti, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 111/2024, si era già pronunciata sul contributo straordinario nel suo complesso, ritenendolo, nonostante le evidenti criticità che lo contraddistinguevano, conforme a Costituzione.

Tuttavia, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma, con un’articolata ordinanza depositata in data 7 febbraio 2025 (vedi, CGT I Roma ordinanza n. 377-2025), ha sollevato nuove censure relative prevalentemente ai peculiari e rilevantissimi effetti espropriativi realizzatisi nel caso di specie a causa dell’assoggettamento al contributo.

Più in particolare, la Corte di Roma ha sollevato censure di costituzionalità in relazione agli art. 3, 53 e 42 Cost., nonché dell’art. 117 Cost. e, in via mediata, dell’art. 1 del Primo Protocollo CEDU.

Secondo il giudice tributario, la norma appare, innanzitutto, in contrasto con il principio di ragionevolezza. Il Contributo, infatti, nei suoi riflessi economici sulla ricorrente risulterebbe manifestamente irrazionale in quanto gli importi pagati a suo titolo hanno comportato l’azzeramento del reddito di periodo e del patrimonio netto della società. Risultati, questi, che, comportando la “morte economica” della società, risultano incompatibili con il dettato costituzionale.

Oltre alla violazione degli artt. 3 e 53 Cost, a parere del Giudice tributario rimettente l’incostituzionalità degli effetti confiscatori del Contributo emergerebbe con ancora più vigore in relazione al parametro dell’art. 42 Cost., sul presupposto per cui un prelievo avente effetti integralmente ablativi delle sostanze del soggetto inciso non costituirebbe più un tributo e per ciò solo si scontrerebbe con il principio della tutela proprietaria.

Inoltre, il giudice a quo ha rimesso la questione anche sotto il profilo della violazione dei principi di razionalità e di proporzionalità in relazione alle disposizioni contenute nell’art. 1, CEDU e nella giurisprudenza della Corte EDU, secondo le quali sarebbero illegittimi i tributi che sortiscono effetti espropriativi. D’altra parte, sempre con riferimento alle violazioni CEDU, ulteriore elemento di illegittimità risiederebbe nella retroattività con cui il legislatore italiano ha individuato alcuni elementi della fattispecie impositiva.

Infine, la norma violerebbe ulteriormente i principi di uguaglianza e capacità contributiva poiché la struttura della base imponibile del contributo non terrebbe conto della peculiare situazione in cui versano quelle società che, nel primo periodo di riferimento del Contributo, non erano costituite,  ovvero, pur essendo formalmente costituite, non erano ancora pienamente operative, quale era la società ricorrente nel caso di specie.

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