Il Consiglio di Stato sull’ingerenza delle Regioni nella realizzazione di impianti fotovoltaici in aree industriali
Consiglio di Stato, Sez. IV, Sentenza n. 466 del 22 gennaio 2025
Con la sentenza n. 466 del 22 gennaio, la Quarta Sezione del Consiglio di Stato si è espressa sui limiti dell’ingerenza regionale nella realizzazione di impianti fotovoltaici in aree industriali, riaffermando il primato della normativa statale.
La vicenda prende le mosse dal ricorso presentato al TAR Umbria, Perugia, da una società operante nel settore energetico avverso due provvedimenti con cui la Regione Umbria aveva respinto l’istanza di autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto fotovoltaico in area industriale.
Più nello specifico, il diniego della Regione si fondava sull’assenza di alcuni requisiti essenziali richiesti dalla normativa regionale, ulteriori rispetto a quelli previsti dalla disciplina statale: (i) il titolo di disponibilità della superficie dell’area necessaria al raggiungimento della potenzialità fotovoltaica, previsto dal Regolamento regionale 7/2011; (ii) la proposta di convenzione/atto d’obbligo, di cui al Regolamento regionale 2/2015; (iii) il certificato di destinazione urbanistica dell’area.
Davanti al TAR, la società sosteneva che la previsione a livello regionale di requisiti minimi ulteriori si poneva in netto contrasto con la disciplina statale e con i principi europei in materia, che sono invece volti a garantire la più ampia diffusione possibile degli impianti che producono energia da fonti rinnovabili.
Questa censura veniva nettamente rigettata in primo grado: il Tribunale sosteneva infatti che la scadenza del termine previsto dall’articolo 20, comma 1, del d.lgs. 199/2021 per l’adozione da parte del Ministero dell’Ambiente di decreti volti a dettare principi e criteri omogenei per l’individuazione delle aree idonee e non, avrebbe legittimato la Regione Umbria a adottare una regolamentazione autonoma sul punto.
La Ricorrente impugnava quindi questa sentenza dinanzi al Consiglio di Stato, che con la pronuncia in commento ha accolto l’appello della Società, e ha annullato i provvedimenti impugnati.
Il Supremo consesso amministrativo ha infatti sostenuto che la Regione, nel caso di specie, era impossibilitata a introdurre requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa statale, quali quello della “potenza fotovoltaica” e dell’obbligo di sottoscrivere apposita convenzione. Ciò, in quanto l’articolo 20 del d.lgs. 199/2021 e l’articolo 12, comma 10, del d.lgs. 387/2003 ammettono un intervento regolamentare della Regione “solo ‘a valle’ di quello dell’autorità statale, al fine di poter salvaguardare l’uniforme applicazione della normativa energetica e l’esplicarsi della libera concorrenza nel settore”. Tale lettura, secondo il Collegio, è quella che si pone maggiormente in linea con il diritto eurounitario, e con gli obiettivi posti dall’Unione in materia di decarbonizzazione.
Queste conclusioni si pongono nel solco di una consolidata giurisprudenza non solo dello stesso Consiglio di Stato (ex multis, la sentenza n. 5417/2013 della terza Sezione), ma anche della Corte costituzionale (sentenze n. 286/2019 e n. 106/2020). Da tali pronunce, infatti, emerge a chiare lettere l’idea per cui sono le norme nazionali a definire i documenti necessari per la presentazione dell’istanza, mentre è consentito alle Regioni di chiedere integrazioni solo laddove siano rese necessarie dalla normativa di settore e non costituiscano un inutile aggravio procedimentale. Allo stesso modo, secondo la medesima giurisprudenza, le Regioni non possono né “provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento nel paesaggio degli impianti” né tantomeno creare preclusioni assolute e aprioristiche, che impediscano ogni accertamento in concreto in sede autorizzativa.
La decisione del Consiglio di Stato segna un ulteriore passo nella direzione della tutela del principio di uniformità normativa nel settore energetico, affermando il primato della disciplina statale sulle regolamentazioni regionali in materia di impianti da fonti rinnovabili. Con questa pronuncia, il Consiglio di Stato riafferma la necessità di eliminare ostacoli procedimentali che potrebbero rallentare il processo di transizione energetica, in linea con gli obiettivi europei. La sentenza, dunque, si inserisce in un consolidato orientamento giurisprudenziale volto a garantire un quadro normativo chiaro e uniforme, funzionale allo sviluppo delle energie rinnovabili nel rispetto dei principi di concorrenza e sostenibilità ambientale.