I termini di prescrizione per il recupero delle accise sull’energia elettrica decorrono dalla presentazione della dichiarazione annuale di cui all’art. 53 comma 8 TUA, e non dalla data in cui è avvenuto il consumo come sembra previsto dalla lettera dell’art. 57, comma 3 TUA
Corte di Cassazione, sentenza n. 26145, del 16 ottobre 2019
La recente sentenza di cassazione n. 26145 del 16 ottobre 2019 è importante e merita di essere tenuta in considerazione perché – tra le altre questioni affrontate – conferma e ulteriormente precisa un orientamento precedentemente espresso da Cass. n. 4034/2019 in tema di termini per accertare le accise sull’energia elettrica, il quale attribuisce valore dirimente alla data di presentazione della dichiarazione.
Al proposito, giova ricordare che il comma 3 dell’art. 57, TUA, in tema di accise sull’energia elettrica – rimasto sino ad oggi invariato nella sua originaria stesura del 1994 – testualmente dispone che “il termine di prescrizione per il recupero dell’imposta è di cinque anni dalla data in cui è avvenuto il consumo. In caso di comportamenti omissivi la prescrizione opera dal momento della scoperta del fatto illecito”. Sulla scorta del dato letterale del testo normativo ora trascritto, il contribuente, nel caso esaminato da Cass. n. 4034/2019, riteneva che l’Amministrazione potesse accertare il maggior tributo dovuto entro e non oltre 5 anni dal “consumo” dell’energia elettrica cui esso si riferiva. La Suprema Corte, nella citata pronuncia n. 4034, ha tuttavia opposto una lettura sistematica della disciplina sulle accise, tale per cui – similmente a quanto avviene in ambito Iva e Imposte sui redditi – il momento dichiarativo (che è strutturalmente successivo a quello del consumo) è fondamentale per l’accertamento, in quanto “attua” il tributo. Da ciò deriva, secondo la Suprema Corte, che l’azione di verifica dell’Agenzia delle Dogane
“si caratterizza come controllo di quanto il contribuente ha realizzato: l’atto di accertamento ha ad oggetto i fatti imponibili non direttamente ma attraverso una attività secondaria, propria del contribuente-fabbricante [n.d.a.: la rilevazione dei fatti che confluiscono nella dichiarazione], che ha, in concreto, quale obbiettivo gli atti posti in essere (od omessi) dal contribuente medesimo.
Tale ricostruzione sistematica del quadro normativo, quindi, permette la trasmutazione del dies a quo del decorso della prescrizione, dalla data di consumo (prevista espressamente dalla legge nel citato comma 3 dell’art. 57 TUA) al momento dichiarativo. Più in dettaglio, a tale riguardo infatti la Suprema Corte afferma che
“La «data in cui è avvenuto il consumo», allora, si identifica, in termini univoci, in quella in cui è possibile verificare che il contribuente-fabbricante abbia adempiuto agli obblighi di legge e, dunque e in particolare, con quella di presentazione della dichiarazione annuale di cui all’art. 55, comma 1, TUA […]”.
Cass. n. 4034/2019 concerneva periodi di imposta anteriori alla riforma introdotta dal D. Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, attuativo della direttiva che ha ristrutturato il quadro comunitario della tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità: è quindi significativo, in primo luogo, il fatto che tale precedente sia stato confermato dalla successiva Cass. n. 26145/2019, in relazione ad una controversia attinente il recupero dell’accisa sull’energia elettrica per un periodo d’imposta soggetto alla disciplina recata dalla citata novella, in ragione della considerazione secondo cui, in parte qua, non è “sostanzialmente mutato il contesto normativo”.
Ma non solo.
Cass. n. 26145/2019 è significativa anche perché, ai fini dell’individuazione del dies a quo per il computo della prescrizione, aggiunge una precisazione non del tutto scontata. La “data in cui è avvenuto il consumo” di cui al comma 3 dell’art. 57, TUA non coincide con quella di scadenza per la presentazione della dichiarazione annuale di cui al TUA, art. 53, comma 8 e 55 comma 1 TUA (attualmente, l’ultimo giorno di marzo dell’anno successivo a quello cui il consumo si riferisce). La Cassazione ha infatti stabilito che “è solo dalla concreta presentazione della dichiarazione annuale” che decorre il termine di prescrizione per il recupero dell’accisa. Occorrerà quindi fare riferimento alla data di effettiva presentazione della dichiarazione, a prescindere dal termine di legge per la presentazione della medesima. È appena il caso di evidenziare che, così facendo, la Cassazione “avvicina” le modalità di computo dei termini di accertamento nell’ambito delle accise sull’energia elettrica a quelle previste in tema di imposte dirette e di IVA, pur senza arrivare ad assimilarle in toto: per questi ultimi tributi, infatti, vale – come dies a quo per il computo del decorso dei termini di decadenza del potere accertativo – la data di scadenza del termine per presentare la dichiarazione, e non la data di effettiva presentazione del documento (probabilmente, la non integrale equiparazione è dovuta alle notevoli differenze testuali e sistematiche tra l’art. 57 TUA e le vigenti norme sulla decadenza dei poteri accertativi per II.DD. ed IVA).
Ritenere che la prescrizione del diritto al recupero dell’accisa sull’energia dipenda – invece che dalla data di consumo – dalla successiva dichiarazione annuale che lo rileva, per forza di cose, estende per il periodo accertabile. Tuttavia, tale circostanza non va letta come una tendenza interpretativa “pro fisco”. Cass. n. 26145/2019 infatti si inserisce in un più ampio filone giurisprudenziale che dà rilievo al momento dichiarativo non solo ai fini dell’accertamento, ma anche ai fini del rimborso d’accisa, ai sensi dell’art. 14 TUA (tale orientamento in tema di rimborso sarà oggetto di una ulteriore e specifica nota di commento).
Per completezza, sia infine permesso un rapido cenno ad un argomento connesso al tema dell’identificazione del dies a quo per il computo del decorso della prescrizione. Cass. n. 26145/2019 ci ricorda che i termini per la prescrizione del recupero dell’accisa da parte dell’Amministrazione sono soggetti ad interruzione, posto che in base al comma 4 del citato art. 57 TUA
“La prescrizione del credito d’imposta è interrotta quando viene constatata la violazione e ricomincia a decorrere dal giorno in cui diventa definitivo l’atto che conclude il procedimento penale o amministrativo intrapreso per la violazione accertata”.
In particolare, la Suprema Corte ha segnalato l’efficacia interruttiva della prescrizione recata dal processo verbale di constatazione dell’Amministrazione (o, quanto meno, ha riscontrato “la mancata contestazione” nel caso di specie della efficacia interruttiva del PVC, sostenuta dall’Agenzia).