20/01/2020

Con l’ordinanza n. 29980, depositata il 19 novembre 2019, la Suprema Corte, con ampia ricostruzione sistematica, ha ribadito e ulteriormente chiarito il proprio prevalente orientamento secondo il quale il rapporto tributario, anche ai fini delle imposte addizionali sul consumo di energia elettrica, intercorre esclusivamente tra fornitore e Amministrazione finanziaria e che pertanto l’azione per ottenere il rimborso dell’imposta indebitamente assolta è ordinariamente azionabile unicamente allo stesso fornitore.

La vicenda trae origine da un ricorso proposto da una società avverso il diniego di rimborso dell’addizionale provinciale sul consumo di energia elettrica, di cui all’art. 6, comma 3 del d.l. 511/88 (nel testo pro tempore vigente), utilizzata nel proprio stabilimento aziendale.
I giudici di seconde cure avevano riconosciuto la legittimazione attiva al rimborso in capo al consumatore finale , rimasto inciso dall’onere del tributo a seguito della rivalsa esercitata dal fornitore, in ragione del fatto che, in tale fattispecie, è lo stesso consumatore che si è fatto definitivamente carico del pagamento dell’imposta.

La Suprema Corte, nell’operare la ricostruzione sistematica della questione, ricorda che secondo il Testo unico accise (d.lgs. n. 504/1995) per i prodotti sottoposti ad accisa l’obbligazione tributaria sorge al momento della loro fabbricazione ovvero della loro importazione (art. 2, comma 1); è obbligato al pagamento dell’accisa il titolare del deposito fiscale dal quale avviene l’immissione in consumo e gli altri soggetti nei cui confronti si verificano i presupposti per l’esigibilità dell’imposta (comma 4).

Gli obbligati al pagamento dell’accisa sull’energia elettrica sono, tra gli altri, “i soggetti che procedono alla fatturazione dell’energia elettrica ai consumatori finali, di seguito indicati come venditori” (art. 53 TUA, comma 1, lett. a), mentre “i crediti vantati dai soggetti passivi dell’accisa verso i cessionari dei prodotti per i quali i soggetti stessi hanno assolto tale tributo possono essere addebitati a titolo di rivalsa” (art. 16, comma 3); all’art. 56 si precisa, altresì, che le società fornitrici “hanno diritto di rivalsa sui consumatori finali” (art. 56). Stessa impostazione è normativamente replicata per l’addizionale di consumo sull’energia elettrica.

Per il rimborso dei tributi rilevanti per l’ordinamento comunitario, inoltre, è inoltre normativamente previsto che le imposte di consumo sono rimborsate a meno che il relativo onere non sia stato trasferito su altri soggetti (art. 29, comma 2 della L. 428 del 1990).

Da tale impostazione legislativa, rileva condivisibilmente la Suprema Corte, discende che l’unico soggetto passivo del rapporto tributario è il fornitore di energia, tenuto verso l’Erario al pagamento dell’accisa ovvero della relativa addizionale. Egli può ribaltarne l’onere rivalendosi nei confronti del consumatore finale, sul quale è traslato il peso corrispondente all’imposta in virtù e nell’ambito di un fenomeno meramente economico.

Specifica ulteriormente sul punto la Suprema Corte, con puntualizzazione particolarmente significativa, che la configurabilità della rivalsa come oggetto di un diritto e non come elemento connaturale ed ineludibile della fisionomia del tributo esclude la configurabilità di un ipotetico rapporto di sostituzione d’imposta e, per conseguenza, l’autonoma rilevanza del sostituito, ossia del consumatore finale (in termini, Cass. n. 9567 del 2013).
Il rapporto tributario, pertanto, si instaura soltanto tra l’Amministrazione doganale e i soggetti che forniscono direttamente i prodotti, rimanendo estraneo l’utente finale, che invece ha un rapporto civilistico verso il cedente.
Si tratta di due rapporti che, seppur collegati, non interferiscono tra loro e solo il fornitore ha titolo nei confronti dell’Erario per chiedere il rimborso dell’accisa indebitamente versata.

In ragione di tale autonomia, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha affermato che il consumatore finale, anche in caso di addebito del tributo da parte del cedente, non ha diritto a chiedere direttamente all’Ufficio il rimborso delle accise corrisposte in eccesso.

Ne consegue che il diritto al rimborso spetta unicamente al fornitore, il quale può ordinariamente esercitarlo nei confronti dell’Agenzia delle Dogane entro due anni dalla data del pagamento.
Il consumatore finale può agire civilisticamente contro il cedente per il rimborso dell’imposta illegittimamente addebitata in rivalsa, instaurando un’azione di ripetizione dell’indebito. In tale ipotesi – nel caso in cui il consumatore finale abbia esercitato vittoriosamente l’azione di ripetizione di indebito nei confronti del fornitore – è lo stesso art. 14 del TUA, nella formulazione introdotta dalll’art. 4 ter del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, a prevedere espressamente che il fornitore può agire nei confronti dell’Agenzia, in deroga al termine decadenziale ordinario, entro 90 giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.

La Suprema Corte ricorda, da ultimo, che il consumatore finale può eccezionalmente chiedere il rimborso anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria nella sola e residuale ipotesi in cui dimostri che l’azione esperibile nei confronti del cedente è impossibile o eccessivamente difficoltosa.

Sotto tale prospettiva, la stessa Corte, ripercorrendo la giurisprudenza comunitaria intervenuta in materia, specifica che l’impossibilità o l’eccessiva difficoltà devono essere correlate alla situazione del soggetto passivo (nel caso in questione, del fornitore) e non già a quella del consumatore finale. Esse rilevano, nella giurisprudenza unionale, o con riguardo alle modalità procedurali e ai requisiti previsti dallo Stato membro per la presentazione delle domande di rimborso da parte del suddetto soggetto passivo (si veda CGUE 21 marzo 2018, causa C-533/16, Volkswagen AG, relativa a un caso in cui il termine di decadenza previsto per il rimborso era scaduto, sempre per il soggetto passivo, prima della presentazione della relativa domanda); oppure quando l’insolvenza del soggetto passivo renda da parte sua il rimborso impossibile o eccessivamente difficile (si vedano, in particolare, CGUE 11 aprile 2019, in causa C-691/17, PORR E’pitèsi Kft., punto 42, nonchè CGUE 27 aprile 2017, causa C-564/15, cit.)

Conclusivamente ed in coerenza con i richiamati principi, la Suprema Corte ha statuito che

il consumatore finale dell’energia elettrica, a cui sono state addebitate le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica (…) da parte del fornitore, può agire nei confronti di quest’ultimo con l’ordinaria azione di ripetizione di indebito e, solo nel caso in cui tale azione si riveli impossibile o eccessivamente difficile con riferimento alla situazione in cui si trova il fornitore, può eccezionalmente chiedere il rimborso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, nel rispetto del principio unionale di effettività e previa allegazione e dimostrazione delle circostanze di fatto che giustificano tale legittimazione straordinaria”.

Ti può interessare anche: