Tassazione dei prodotti energetici e politiche ambientali dell’Unione Europea: le recenti proposte di modifica della direttiva 2003/96/CE, avanzate dalla Commissione e approvate dal Consiglio UE, sono in linea con le ultime indicazioni dell’OCSE in materia di fiscalità energetica
La “valutazione della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità” della Commissione UE si pone i medesimi obiettivi perseguiti dall’OCSE nel documento Taxing Energy Use 2019
Secondo la Commissione e il Consiglio UE, la tassazione dei prodotti energetici in Europa, ancora basata sulla direttiva n. 2003/96/CE del 27 ottobre 2003 (“DTE”), merita un’accurata rimeditazione. Negli ultimi 15 anni, si è infatti assistito a profondi cambiamenti, che hanno interessato non solo le tecnologie energetiche, ma anche le finalità dell’Unione europea: cambiamenti che, purtroppo, non si riflettono nel testo della direttiva, che perciò da lungo tempo è oggetto di un’attenta analisi da parte dell’Unione.
1. – Giova premettere che, prima dell’entrata in vigore della DTE nel 2003, il quadro dell’Unione per la tassazione dell’energia riguardava solo gli oli minerali di cui alle direttive 92/81/CEE e 92/82/CEE. La DTE ha poi ampliato il campo di applicazione delle direttive precedenti per evitare distorsioni tra fonti energetiche concorrenti, fissato nuovi livelli minimi di tassazione per i prodotti ricadenti nel suo alveo applicativo e aggiornato la tassazione degli oli minerali disciplinati dalle previgenti direttive. In particolare, essa ha stabilito le norme dell’UE in materia di tassazione di tutti i prodotti energetici utilizzati come carburante per motori o come combustibile e dell’energia elettrica, che peraltro soggiacciono anche alle disposizioni di cui alla direttiva sulle accise n. 2008/118/CE, di recente abrogata e sostituita dalla direttiva 220/262/UE del 19 dicembre 2019; i prodotti energetici destinati a usi diversi, come ad esempio quelli utilizzati come materia prima, esulano invece dal suo ambito di applicazione.
L’armonizzazione della tassazione dell’energia attraverso la DTE aveva lo scopo prioritario di evitare gli effetti dannosi della concorrenza fiscale nel mercato energetico tra gli Stati membri, rafforzare il mercato interno e prevenire la delocalizzazione dei consumatori di energia (in particolare le imprese) negli Stati con regimi fiscali più vantaggiosi, in un momento in cui molti Paesi stavano rivedendo le politiche fiscali interne in materia energetica. La Direttiva intendeva inoltre consentire agli Stati membri di utilizzare la politica fiscale a sostegno di altre politiche, quali in particolare la protezione dell’ambiente e la realizzazione di impegni internazionali connessi al clima, con particolare riferimento al protocollo di Kyoto che, nel 2003, era il principale accordo internazionale in materia ambientale (siglato, lo si ricorda, l’11 dicembre 1997).
Nel perseguire questi fini, la DTE ha previsto livelli minimi di tassazione dei prodotti energetici per garantire flessibilità alle politiche fiscali dei singoli Stati, ha stabilito le condizioni per l’applicazione di esenzioni e agevolazioni, ha introdotto norme specifiche in deroga alle regole generali previste nella direttiva sulle accise e, infine, ha disciplinato alcuni aspetti procedurali.
2. – Da lungo tempo, la DTE è sotto la lente della Commissione UE, che ha tentato in molte occasioni di “aggiornarla”. Il più significativo esperimento di modifica è avvenuto nel 2011, quando la Commissione ha proposto di novellare il campo di applicazione e la struttura della direttiva anche al fine di modulare la tassazione dei prodotti energetici in ragione non già del loro volume, bensì del loro contenuto energetico e delle loro emissioni di CO2 (COM(2011) 0169 final – CNS 2011/0092 of 13.4.2011). Tuttavia, in quell’occasione gli Stati membri non sono riusciti a concordare i principali aspetti politici della proposta che, di conseguenza, la Commissione ha deciso di ritirare nel 2015.
Giova tuttavia rimarcare i deficit che la Commissione ha riscontrato all’epoca nella Direttiva, molti dei quali – come si dirà oltre – sono rimasti invariati e, tuttora, sono all’attenzione degli organi europei. In particolare, le principali carenze ravvisate nella valutazione d’impatto che accompagna la proposta del 2011 sono le seguenti:
- trasposizione tardiva della direttiva;
- classificazione obsoleta di alcuni prodotti energetici;
- diversa interpretazione nazionale di alcune disposizioni;
- necessità di allineare il testo alla giurisprudenza della Corte di Giustizia;
- disposizioni in vigore non più applicabili;
- disposizioni di esenzione troppo diffuse soprattutto in alcuni settori, soggetti a riduzioni d’imposta multiple;
- disposizioni obsolete o insufficientemente chiare a seguito degli sviluppi tecnologici;
- discrepanze nell’interpretazione delle norme comuni da parte degli Stati membri.
Nella valutazione dell’impatto che accompagnava la proposta del 2011 di revisione della DTE, è stata altresì effettuata un’analisi delle politiche energetiche dei diversi Stati, nella quale si legge che la direttiva è stata diversamente recepita nei vari Paesi, sicchè esistono Stati membri a “bassa tassazione energetica” e stati ad “alta tassazione energetica”. Il quadro comune di regole e aliquote minime volto a garantire flessibilità per politiche energetiche nazionali ha di fatto precluso quell’armonizzazione che invece era l’obiettivo principe della direttiva, incentivando la frammentazione dei diversi sistemi fiscali. Tanto si legge nella valutazione d’impatto del 2011:
«In general, two groups of Member States can be distinguished:
- A group of “low-taxing Member States”. These are typically taxing at rates close to the minima and have often, although not in all cases, introduced taxation only as a consequence of the existence of common minimum rates. Many of the new Member States are in this group (Slovenia is one exception).
- A group of “high-taxing Member States” with tax levels more or less clearly above the minima. For these countries the existence of common minima is particularly important to reduce competitive disadvantages for their industry. These countries also often make use of the possibility to apply reduced rates for energy-intensive businesses. The Nordic countries are among the highest taxing Member States, especially for heating fuels.
Member States are also split between those who make use of the possibility to differentiate between business and domestic use for heating fuels and others who do not. In all circumstances “high taxing Member States” ensure that the rates applicable to business use are closer to the EU minima, to avoid distortions of competition.
Some of the Member States (SE, DK, FI, SI, IE) have already introduced taxation based on CO2. Other Member States (DE, NL, UK) enacted environmental tax reforms in several steps, using energy taxation for environmental reasons but without introducing an explicit CO2-related component».
3. – Dopo il fallimento del progetto del 2011, nell’agosto 2017 la Commissione ha avvitato un nuovo procedimento di valutazione della DTE. Tra marzo e giugno del 2018, ha altresì avviato una consultazione pubblica a cui hanno partecipato 150 soggetti tra grandi operatori del mercato, organizzazioni private e autorità pubbliche. In esito alla consultazione, l’11 settembre 2019, la Commissione ha rilasciato il documento di lavoro denominato Valutazione della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità, avallato anche dal Consiglio dell’Unione Europea il 5 dicembre 2019 (con apposito comunicato stampa, nel quale si dirama il documento del 29 novembre 2019), che ha posto l’accento su alcuni profili meritevoli di maggiore attenzione, come quello relativo agli aiuti di stato, al potenziale impatto in termini di gettito e ai settori che godono di particolari regimi di esenzione, come l’aviazione.
Pur evidenziando molteplici aspetti positivi della DTE, lo studio della Commissione pone nuovamente in luce alcune tematiche che la rendono meritevole di riforma, con particolare riferimento a:
- la coerenza rispetto agli obiettivi di politica ambientale dell’Unione, obiettivi sempre più focali nel quadro delle politiche UE e certamente diversi rispetto a quelli sottesi alla normativa del 2003;
- l’efficacia nell’armonizzazione delle normative nazionali sulla tassazione delle diverse fonti di energia.
Quanto al primo profilo, come già segnalato nella comunicazione del 9 aprile 2019 (Communication from the Commission to the European Parliament, the European Council and the Council, A more efficient and democratic decision making in EU energy and climate policy, COM(2019) 177 final, of 9.4.2019), secondo la Commissione l’attuale quadro europeo per la tassazione dell’energia, come disegnato dalla DTE, è obsoleto. Esso raggiunge a malapena obiettivi chiave come la diversificazione delle fonti energetiche o il miglioramento dell’efficienza energetica della produzione e del consumo, poiché le imposte non si basano sul contenuto energetico ma sul volume dei prodotti energetici consumati; circostanza, questa, che discrimina i carburanti rinnovabili a favore dei carburanti convenzionali, in piena contraddizione con le politiche ambientali unionali.
Quanto al secondo profilo, poiché (come rilevato anche nella valutazione del 2011 trascritta supra) gli Stati membri hanno adottato politiche energetiche molto diversificate, sussiste il rischio di una crescente distorsione della concorrenza nel mercato unico. A ciò si aggiunga che, nonostante le ripetute richieste della Commissione per uno spostamento della tassazione dal lavoro all’imposizione ambientale secondo il noto principio “chi inquina paga”, la percentuale complessiva delle entrate fiscali derivanti dalle imposte ambientali nell’UE è rimasta relativamente invariata nell’ultimo decennio (dati Eurostat, Environmental taxes in the EU, countries compared).
Tra gli aspetti critici della DTE che meritano una riforma, la Commissione annovera altresì i seguenti:
- la direttiva prevede aliquote diverse per elettricità e gas naturale in combinazione con una vasta gamma di esenzioni e riduzioni fiscali, così aumentando la frammentazione del mercato interno;
- essa copre una parte sempre più ridotta del mix energetico dell’UE, atteso che tecnologie e prodotti sempre nuovi (si pensi a idrogeno, carburanti elettronici, carburanti di origine non biologica) continuano a emergere e ad assumere grande importanza;
- la medesima tassazione non tiene conto nemmeno delle prestazioni ambientali dei diversi prodotti energetici, determinando un onere fiscale sproporzionatamente elevato per i biocarburanti sostenibili, rispetto ai quali peraltro gli Stati membri applicano proprie classificazioni, diverse di Paese in Paese, con conseguente frammentazione del mercato unico che ostacola la diffusione di biocarburanti avanzati;
- la direttiva contribuisce in misura molto limitata ai più ampi obiettivi di politica economica, sociale e ambientale dell’UE; in particolare essa, pur essendo parzialmente coerente con gli sforzi politici per promuovere l’energia rinnovabile e l’efficienza energetica, non tiene conto delle politiche di riduzione delle emissioni di gas serra e di altre sostanze inquinanti.
La DTE, secondo la Commissione, merita quindi una profonda rimeditazione, anche alla luce del fatto che l’UE e i suoi Stati membri si sono impegnati ad attuare rapidamente e pienamente l’accordo di Parigi del dicembre 2015, nuovo riferimento internazionale in materia di clima (e certamente più attuale del protocollo di Kyoto che, come visto, faceva da sfondo alla DTE al momento della sua entrata in vigore), a contribuire al raggiungimento degli obiettivi di finanziamento sostenibile e a guidare la lotta ai cambiamenti climatici: obiettivi rispetto ai quali la fiscalità è destinata a svolgere un ruolo fondamentale, come evidenziato sempre dalla Commissione nella sua comunicazione del 2018 su un “Pianeta pulito per tutti – Una visione strategica europea a lungo termine per un’economia prospera, moderna, competitiva e neutrale dal punto di vista climatico” (COM(2018) 773 final) e ribadito nella già citata comunicazione della Commissione del 2019.
4. – Sotto questo profilo, le intenzioni unionali si pongono in linea con le recenti prese di posizione dell’OCSE. Nel documento Taxing Energy Use 2019, così come del relativo documento di sintesi, l’OCSE ha infatti tracciato le linee guida che, a suo dire, dovrebbero orientare le moderne politiche fiscali energetiche, annoverando:
- l’incremento del prezzo del carbonio, volto ad indurre i cittadini e le imprese a tenere conto dei “costi climatici” delle loro azioni e a disincentivare il consumo di beni e servizi ad alta intensità di carbonio, con conseguente miglioramento per le imprese “pulite” della loro posizione competitiva nei confronti delle imprese inquinanti;
- la necessità di preferire tale incremento in alcuni settori in cui i prodotti inquinanti sono tassati con aliquote molto basse, come accade nel settore dell’aviazione e dei trasporti internazionali;
- l’opportunità di incoraggiare fiscalmente il passaggio a fonti di energia più pulite mediante sgravi fiscali di settore in mercati come l’idroelettrico, l’eolico e il solare.
Dal report, si evince infatti che, nei 44 Paesi presi in considerazione (tra cui 23 Stati UE), responsabili nel complesso dell’80% delle emissioni del settore energetico a livello globale, le imposte sulle fonti di energia più inquinanti non riescono ad arginare i consumi, né a ridurre i rischi in termini di cambiamento climatico.
Un dato dell’OCSE è particolarmente sconcertante: nelle economie avanzate e in quelle in via di sviluppo, il 70% delle emissioni di Co2 derivanti dal consumo energetico sfugge a qualsiasi forma di imposizione. Il passaggio all’energia pulita non potrebbe essere più disincentivato.
Le linee guida dei principali organismi internazionali sono quindi chiare e condivise: il futuro della tassazione dell’energia deve sostenere la transizione verso l’energia pulita e contribuire a una crescita del mercato energetico che sia sostenibile ed equa.