Il contribuente che aderisce al c.d. regime forfetario può recuperare “in corsa” il beneficio spettante per gli interventi sugli immobili

L’opportunità di esercitare l’opzione per il c.d. regime forfetario dipende anche dalla fruibilità delle detrazioni per gli interventi di recupero edilizio, riqualificazione energetica e adeguamento sismico
26/03/2020

Nel valutare la convenienza dell’opzione per l’applicazione del c.d. regime forfetario (art. 1, commi da 54 a 89, legge 23 dicembre 2014, n. 190 e ss. mm.) occorre considerare anche la possibilità di perdere il beneficio eventualmente spettante per gli interventi di recupero edilizio e di riqualificazione energetica di cui all’art. 16-bis del TUIR. La detrazione riconosciuta a fronte delle spese sostenute in relazione a detti interventi potrebbe, tuttavia, essere parzialmente recuperata qualora il reddito del contribuente ritornasse “capiente” in uno dei periodi d’imposta di spettanza dell’agevolazione.

Sul punto giova preliminarmente ricordare che, a decorrere dal periodo d’imposta 2019, l’accesso al predetto regime è limitato ai contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti e professioni in possesso di determinati requisiti tra cui il rispetto del limite di euro 65.000, ragguagliabile ad anno, in relazione ai ricavi e compensi percepiti nell’anno precedente per tutte le attività svolte (cfr. articolo 1, commi da 9 a 11, della legge 30 dicembre 2018, n. 145). Tali categorie di contribuenti determinano l’imposta dovuta “applicando” un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali regionali e comunali e dell’IRAP, pari al 15 per cento, al reddito imponibile calcolato applicando “all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditività” (art. 1, comma 64, legge 23 dicembre 2014, n. 190) differenziato a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata.

I ricavi e i compensi dei contribuenti “assoggettati ad imposta sostitutiva non concorrono alla formazione del reddito complessivo” del contribuente (e pluribus cfr. ris. Agenzia delle Entrate 22 luglio 2019, n. 69).

Per tale ragione, nell’ipotesi in cui, oltre al reddito che sconta la predetta imposta sostitutiva non vi siano altri redditi assoggettati ad IRPEF, le uniche spese che il contribuente può dedurre dal reddito imponibile sono

i contributi previdenziali dovuti per legge, compresi i contributi previdenziali versati per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico, nonché quelli versati per conto dei collaboratori non fiscalmente a carico, a condizione che il titolare non abbia esercitato nei loro confronti il diritto di rivalsa”.

Analoga sorte subiscono le detrazioni d’imposta eventualmente spettanti che possono essere scomputate dall’imposta lorda dovuta dal contribuente solo “nel caso in cui percepisca altre categorie di reddito” (cfr. Agenzia delle Entrate, circ. 10 aprile 2019, n. 9).

Tale limitazione, tuttavia, parrebbe non precludere sine die a tali categorie di contribuenti la fruizione delle detrazioni spettanti per interventi sugli immobili (quali sono quelli di recupero edilizio, di riqualificazione energetica e quelli volti al miglioramento antisismico) potendo gli stessi recuperare “in corsa” il beneficio.

Poiché, infatti, le misure de quibus sono fruibili ripartendone l’ammontare “in … quote annuali costanti e di pari importo nell’anno di sostenimento delle spese e in quelli successivi” (art. 16-bis, comma 7, del TUIR), il contribuente che non si sia avvalso di una o più rate dell’agevolazione per un qualsiasi motivo non perde definitivamente il diritto di fruire della stessa ma può beneficiare delle rate residue nei successivi periodi d’imposta in cui è venuto meno l’impedimento che non ha consentito la fruizione delle precedenti rate.

Tale possibilità è stata già da tempo confermata dall’Amministrazione finanziaria che con la circolare ministeriale del 12 maggio 2000 n. 95 ha affermato che

nell’ipotesi in cui il contribuente che ha eseguito lavori di ristrutturazione nel corso dell’anno 1998, pur ottemperando agli obblighi previsti ai fini della fruizione della detrazione d’imposta del 41%, non ha presentato la dichiarazione dei redditi relativa al 1998 essendone esonerato, ovvero non ha indicato nella dichiarazione dei redditi presentata l’importo delle spese sostenute ed il numero delle rate prescelte, può usufruire dell’agevolazione relativamente alla seconda rata presentando la dichiarazione dei redditi relativa al 1999, indicando il numero della rata nella corrispondente casella relativa all’opzione tra le 5 o le 10 rate”.

Tale posizione è stata recentemente confermata dall’Agenzia delle Entrate con circ. 31 maggio 2019 n. 13.

E’, dunque, ragionevole ritenere che anche il contribuente in regime forfetario che, non avendo altri redditi assoggettati a IRPEF, non si sia avvalso di una o più rate dell’agevolazione può fruire della detrazione nell’anno in cui il suo reddito torna a essere “capiente”, ossia nel periodo d’imposta in cui ha prodotto altri redditi tassati ordinariamente ovvero sia fuoriuscito dal regime agevolato.

Si ponga ad esempio il caso in cui il contribuente c.d. forfetario maturi, per il periodo d’imposta 2019, il diritto alla detrazione per interventi di recupero edilizio. Per il predetto periodo d’imposta e per i due successivi il contribuente non produce altri redditi se non quelli assoggettati all’imposta sostitutiva del 15%. Dal periodo d’imposta 2022, il predetto contribuente esce dal regime agevolato di tassazione e i relativi redditi vengono assoggettati ad IRPEF secondo il regime ordinario. In tale circostanza, le prime 3 rate dell’agevolazione andranno perdute mentre le successive (dalla quarta sino alla decima) potranno essere fruite. Il numero della rata fruita dovrà essere indicato nel modello di dichiarazione presentato per il relativo periodo d’imposta (quadro RP, sez. III A e sez. III C).

Le suddette considerazioni parrebbero valere anche con riferimento alla detrazione per le spese di riqualificazione energetica (di cui alla l. n. 296 del 2006, art. 1, commi 344 ss. e al D.M. del 19 febbraio 2007, c.d. ecobonus) e per gli interventi di adozione di misure antisismiche (di cui al d.l. n. 63/2013 convertito, art. 14, commi 2-quater ss., c.d. sismabonus). Entrambe le predette agevolazioni, infatti:

1) rientrano nel più ampio novero degli interventi di cui all’art. 16-bis del TUIR e, precisamente, in quelli previsti dalla lett. h) (“interventi … relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici”) e dalla lett. i) (“interventi relativi all’adozione di misure antisismiche”), da cui si differenziano, tuttavia, (anche) per una misura differenziata (e potenziata) della percentuale di detrazione spettante. Sul punto si è peraltro espressa chiaramente l’Agenzia delle Entrate nella ris. n. 147 del 29 novembre 2017 in cui ha chiarito, con riferimento al limite di spesa agevolabile con il sismabonus, che i relativi interventi non costituiscono “una nuova categoria di interventi agevolabili” ma rientrano in quelli di cui “alla lett. i) del citato art. 16-bis del TUIR”. Le medesime conclusioni valgono mutatis mutandis per l’ecobonus;

2) sono fruibili, rispettivamente, in 10 e 5 quote annuali nell’“anno di sostenimento delle spese” che ne danno diritto e nei periodi d’imposta successivi.

Ti può interessare anche: